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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Michele, giorno 28


"E allora bevo..." - VI Cornice






Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e ‘n sete qui si rifà santa.









Velocemente come si è acceso, l'impulso si è spento. Forse succede così più volte di quanto pensi. Come un giocattolo nuovo che dopo qualche giorno di utilizzo perde tutto il suo fascino e viene lasciato in soffitta a prendere polvere e ragnatele.

Il vascello ha superato la prova. E io con lui. Voltandomi indietro posso vedere il vero volto di quelle creature e tutte le carcasse che erano ben nascoste dietro gli scogli. Mi maledicono, mi ringhiano. Devo festeggiare la nuova rotta. La mia bussola non punta a nord, ma verso l'ignoto.

Per celebrare questa decisione, come per varare una nave infrangendo una bottiglia di champagne sulla sua prua, ho ordinato polenta e casseola, a domicilio, da un ristorante di un comune qua vicino. La casseola a domicilio! Due porzioni, con tanto di bottiglia di vino. Pazzesco come tutti si stiano reinventando con queste consegne a casa.

Ho cenato in videochiamata con mamma e Amos. Anche lì le consegne paiono andare alla grande. Ho spiegato loro della mia ricerca di Schneider, spiegandogli anche della mia folle idea che ho sapientemente scartato. Hanno tirato entrambi un sospiro di sollievo e abbiamo alzato i calici assieme. Certamente il vino sta facendo il suo effetto anche ora... mi sembra tutto facile, tutto possibile, pur avendo un retrogusto di inquietudine depositato sul fondo delle bottiglia. Rimane aggrappata lì quell'inquietudine, come un gatto che tira fuori le unghie per evitare il bagno a tutti i costi.

Se apro una bottiglia di vino, la devo finire...

Forse sono sempre stato troppo goloso con i miei vizi. Ho sempre voluto assaporare la vita fino all'ultima goccia. Valter, un mio compagno di corso in Università, mi enunciava sempre un brano di Eduardo de Filippo in napoletano, perfetto per l'occasione. L'ho salvato su una nota vocale whatsapp per riascoltarlo in occasioni perfette come questa.





Dint' a butteglia
n'atu rito 'e vino
è rimasto...
Embè
che fa
m' 'o guardo?
M' 'o tengo mente
e dico:
"Me l'astipo
e dimane m' 'o bevo?"
Dimane nun esiste.
E 'o juorno primma,
siccome se n 'è gghiuto,
manco esiste.
Esiste sulamente
stu mumento
'e chistu rito 'e vino int' 'a butteglia.
E che ffaccio,
m' 'o perdo?
Che ne parlammo a ffà!
Si m' 'o perdesse
manc' 'a butteglia me perdunarria.
E allora bevo...
E chistu surz' 'e vino
vence 'a partita cu l'eternità!


Salute!

Giù un altro bicchiere.

Ho mandato una mail al resto degli atenei di Milano. Dalla Cattolica al Politecnico. Naturalmente ho scritto anche al Conservatorio Verdi. Sicuramente sapranno chi sia Richard. Magari i suoi figli, cioè i miei fratellastri, hanno voluto seguire le orme del padre e si sono fatti musicisti. Qualcuno suona l’oboe. Qualcun altro il violoncello. Qualcuno magari ha voluto strafare e fare il Direttore d’orchestra. Ma quanti figli hai Richard? Sicuramente uno in più di quello che ti aspetteresti. A meno che tu non abbia avuto altre scappatelle in giro. Girando per tournée, conoscendo damigelle, cantanti, musiciste.

Ecco ora ho bevuto anche l'ultimo goccio di vino.

Sono arrivato al fondo della bottiglia ingurgitando anche quell'inquietudine. La sensazione di avviarmi verso una strada sconosciuta. L'obiettivo è ben chiaro in testa, ma quali altri pericoli devo attraversare?

Una cellula della tua prole, Richard, è nata segretamente. Ed è totalmente fuori contesto. Una nota stonata sul tuo spartito. Spiacente, non suono nessuno strumento. Avrei forse potuto suonare il sassofono. Quello sì che mi piace. Quel suono ti entra nelle budella e ti smuove tutta l’energia sessuale assopita. Oppure ti risucchia tutte le emozioni intrappolate nel Tartaro del tuo subconscio.

Mi gira la testa.

Ecco la mia rotta. Scendere nel mio Tartaro. Affrontare i miei demoni faccia a faccia. La mia pazienza sarà testata duramente, ma sarà sul campo di battaglia che potrò vedere davvero di che pasta sono fatto.

Mi torna alla mente, tra i fumi dell'alcool una scena di un film, in cui i pirati si raccolgono per fronteggiare una flotta troppo grande, ma sono pronti a dare la propria vita per la loro libertà.

Il coraggio non può esistere senza la paura.