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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Michele, giorno 15

︎


La Selva Oscura



...Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.





Questa mattina mi sono alzato con il freddo pungente e il sole che salutava da dietro un muro di foschia. Ho bevuto un caffè mentre meditavo sulla foto di mamma con quel suo sguardo che pareva chiedere chi ti ha detto di fotografarmi?

Che cos’è che mi stai nascondendo, mamma?

Mi sono lavato la faccia e le ascelle velocemente poi sono uscito di casa, con guanti e mascherina. Per strada non c’era nessuno, ma non volevo infettare l'aria. Il nodo alla gola è sempre lì. Nessuna febbre, ma inizio a pensare seriamente a come chiedere un tampone... Sono andato al negozio di Amos e ho controllato che fosse tutto in ordine. Il ticchettio dell’orologio era l’unico segnale di vita di quel posto, come se fosse un Cerbero addormentato, pronto a svegliarsi al minimo rumore. Ho preso un pezzo di slinzega sotto vuoto, mi era venuta fame.

Tornato a casa, ho aperto la slinzega e inspirato quel vago sentore di stantio e muffa dato dall’essiccamento della carne. Un odore che inevitabilmente mi ha riportato alla mia infanzia e ai weekend passati a Teglio. Mi sono tagliato alcune fette spesse con un coltello. Ho rivisto in quel groviglio rosso la mia carne. Ho cercato di togliermi quel peso di dosso tossendo forte...
Se volevo risposte dovevo essere deciso a sezionarmi dentro. Scendere più a fondo, al centro della mia terra e trovare la mia pietra filosofale. Un percorso che avevano intrapreso migliaia di persone prima di me.

Quel nasone fiorentino ci aveva visto giusto.



Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate…

Dopo la colazione a base di slinzega e cracker, ho scelto la cantina come luogo di ricerca. Un ammasso di oggetti di ogni tipo. Salvagenti, libri, stereo, valigie, alberi di natale, presepi, un sacco da boxe con guantoni... ho passato un’ora a spulciare qua e là in cerca di un indizio che potesse farmi avanzare nelle mie indagini. Poi è saltato fuori un oggetto strano. Una specie di valigetta.





Era una vecchia macchina da cucire Singer. Probabilmente era della nonna Tina, o di nonna Ada, ma perché fosse proprio nella nostra cantina, lo ignoravo. Mi è tornata alla mente Anna. Sua madre gestiva una sartoria teatrale in una zona centrale di Milano, era un posto magico. Potevi diventare chi volevi in pochi secondi con un semplice cambio d'abito.

Mi si è stretto il cuore. Dovevo fare qualcosa a riguardo. Il pensiero di Anna mi rubava energie preziose. Dovevo mantenere l'attenzione sull'obiettivo. Ero già abbastanza distratto da quell'oppressione nel petto.

Ho sistemato tutto e sono tornato in casa. Mi sono tagliato altre fette di slinzega, questa volta con l'affettatrice e preparato dell’altro caffè. Poi ho preso carta e penna. Avessi avuto dell’erba l’avrei usata all’istante. Scrivere ed esprimere i miei sentimenti a cuore aperto non è certo la mia specialità.


Ciao Annie,

lo so che sto violando il tuo silenzio e la tua distanza, ma non è per portarti indietro che ti scrivo. Sei stata la prima ragazza con cui ho sentito davvero di essere vulnerabile, di non avere il controllo, di avere paura. Perciò è con il cuore aperto, a briglie sciolte e con un pizzico di sudore alle mani che mi siedo a scrivere. Hai deciso di andartene e questo mi ha fatto male, soprattutto in un momento in cui la solitudine è l’unica compagna con cui possa convivere. Probabilmente la mia ira ti aveva stancata, il mio urlare spesso, il mio essere un cazzone. Ma di nuovo hai dimostrato di essere un passo avanti. Questa tua partenza è arrivata in tempo con l’inizio di una mia ricerca personale, dentro me stesso. Cosa troverò non lo so. Ma una volta arrivato alla verità, potrò davvero comunicare con te, per la prima volta, da pari a pari. Senza paura, né tensione. Spero di incontrarti dall’altra parte.

Mike.







Mi sono rollato una sigaretta e ho lasciato che il fumo mi entrasse nei polmoni. Non avevo ancora fumato da quel sogno infetto. Il nodo alla gola sembrava rilassarsi, ma era forse solo l'assuefazione della nicotina che faceva il suo effetto. Curioso come il tabacco non ci faccia paura. Uccide molto più lentamente che un esserino minuscolo. Sai bene che ogni sigaretta fumata è come essersi comprato un chiodo con cui chiudere la propria bara, ma è un futuro distante, sfumato. Il virus è molto più rapido ed efficace. I risultati vengono pubblicati a bella vista ogni giorno.

Con il mozzicone della sigaretta ho cominciato a bucare la carta creando piccoli cerchi infuocati. Poi ho preso un accendino e le ho dato fuoco definitivamente nel lavello della cucina.

Ci ha messo pochissimo a carbonizzarsi. Le fiamme consumavano voracemente quelle parole che Anna non avrebbe mai letto. Io guardavo impotente il fuoco bruciare l'ultima possibilità di comunicare con Anna. In una qualche maniera avevo deciso di mandare quest'ultima possibilità in fumo. Era davvero necessario giustificarmi con lei? Forse no. Era l'inizio di viaggio dentro me stesso, qualcosa che solo io potevo capire.

Un viaggio che, ora mi è chiaro, devo intraprendere da solo.