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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Michele, giorno 16

︎


Acheronte



🎧Ascolta Michele:




Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: -Guai a voi, anime prave!-








Ho cercato dappertutto in questi giorni. L'oppressione al petto sembra diminuire, ma rimane attaccato qualcosa in gola. Stare con le mani in mano mi è impossibile. Così mi sono messo a fare quello che a quanto pare mi rilassa e mi distende i pensieri più di ogni altra attività: cucinare.

Tra poco sarà il mio compleanno, dovrò preparami un dolce. Mi sembra l’occasione giusta. Ho anche iniziato a leggere un libro molto spesso: L’Uccello Che Girava Le Viti Del Mondo di Murakami. Certo che secondo me, questo qui si faceva di acidi, altro che erba.



Con l’avanzo della crema di marroni, ci ho fatto una crostata integrale. Un processo non facile. Ma impastare mi calma. È come soffiare sulla nebbia, senza aspettative di vedere alcunché se non godersi la luce chiara del sole.



Magari è questo il mio compito. Girare per il mondo e stringerne le viti. Tutta questa pandemia ha cambiato i piani di tutti. Ha cambiato proprio tutto. Immaginarsi il proprio ruolo nel mondo in un ipotetico dopo è impossibile. Sta’ di fatto che la normalità di prima non tornerà più, io credo.


Certo, chiuso in casa posso solo girare e stringere le mie di viti. Avvitare bene il mio mondo.




Quanto è buono l’odore della pasta che cuoce in forno! Forse dovrei ricominciare a cercare daccapo. Dalla camera di mamma e Amos.



La torta è venuta un po' bruciacchiata... ma è buonissima. Sto migliorando sempre più.

Mi sono rimesso a cercare cominciando sempre dal mobile tarlato della camera di mamma e Amos. Ho svuotato tutti i cassoni. Disposto tutti gli oggetti e documenti sul lettone. Ho toccato il rivestimento retrò di stoffa dei cassetti e ho sentito un qualcosa di strano in quello centrale. Ho bussato. Aveva un suono vuoto.

Aveva un doppio fondo.

Ho aperto lo scomparto segreto e ho trovato delle vecchie foto di mamma. Tra le foto c'era una busta di plastica contente un'istantanea e un mazzo di soldi. Erano lire. Venti pezzi da 50.000, in totale un milione. Nella foto c'era mamma al centro con la sua band, messi bene in fila davanti ad un palco con gli strumenti lasciati alle loro postazioni. Mamma era stupenda, indossava un vestito rosso scuro, le risaltava le forme del corpo. Aveva i capelli mossi con colpi di sole ed era truccata lievemente. All'orecchio vedevo una singola perla. A fianco a lei c'era un uomo. Il braccio di mamma era intorno al suo collo. Non sembrava far parte della band… era più vecchio degli altri e vestiva in maniera totalmente diversa, rigorosa. Elegante. Quell’uomo non era Amos.

Ho girato la foto e ho visto una scritta a biro nera, sbiadita dal tempo.

Maggio ’94 La mia orchestra e cantante preferita. Strudel.

Strudel?! Che c'entra un dolce? Non poteva che essere un nome in codice, un soprannome. Una firma.
1994. A rigor di logica essendo nato ad aprile '95 dovrei essere stato concepito nel luglio del '94. Può essere che quell'uomo...
Ma c'era anche il milione di lire. Un milione era una bella somma a quel tempo. Perché era in quella busta assieme a quella foto?

La nuova energia per la scoperta ha spazzato completamente quel peso che sentivo nei polmoni.

Ho trovato un altro tassello che andrà a comporre il mosaico perduto della mia infanzia.

La discesa è appena cominciata.