giorno 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 36 | 37 | 38 | 39 | 40 |

Mark

︎Totentanz
la quarantena

giorno 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 36 | 37 | 38 | 39 | 40 |   tutti i giorni

Mark

Michele, giorno 12

︎


Fauci e Fuoco




🎧Ascolta Michele:





Stanotte ho fatto un sogno davvero fuori di testa.

Nuotavo nel buio. L’aria era come melassa, facevo fatica a distendere braccia e gambe per muovermi. Poi mi sono catapultato su un trono di legno con un tonfo sordo. Aveva ricami floreali dorati sulla stoffa rossa. Mi sentivo una corona in testa, pesantissima. Si è allargata e mi ha inghiottito. Di nuovo nel buio melmoso. Poi un rombo in lontananza. Rumori di ali che sbattono. Un ruggito mostruoso di un drago. Mi si è materializzato davanti. Ero paralizzato. Cercavo di urlare ma non usciva alcun suono. Mi fissava con quegli occhi dorati. Ha ruggito e mi si è lanciato nel petto. Ho aperto la bocca per urlare senza produrre alcun suono e in un secondo ero in un cielo tenebroso, pieno di fulmini. Volavo. Mi guardavo le braccia ma erano diventate artigli alati. Provai ad urlare e la mia voce era un verso mostruoso. Ero un drago io stesso. Schivavo i fulmini che cadevano dal cielo. Ho virato verso l’alto addentrandomi sempre più nelle nuvole, sentivo di arrivare verso il cielo terso ma in un baleno ero sdraiato a terra. Mi rialzavo e sentivo dei passi nella terra umida. Era Amos che avanzava assieme ad una figura il cui volto non riuscivo a definire. Una luce rossa li ha fusi insieme ed è apparso il virus con le sue corone. Ho tentato di mettermi a correre ma non riuscivo a muovermi. Il virus si era rimpicciolito ed è schizzato dentro la mia bocca. E’ sceso nella gola, è entrato nei miei bronchi. Ho fatto un verso come se stessi per soffocare. Iniziavo a tossire forte, in preda al panico.

Mi sono svegliato con un urlo sordo, tossendo, sudatissimo e ansimante. Ho tirato tre boccate d’aria come se la stessi trattenendo da troppo tempo. Mi sono alzato e ho aperto la finestra per respirare meglio. Respiravo affammato l'aria fredda cercando di tirarmi insieme. Nemmeno se avessi fumato del polline purissimo avrei potuto vedere cose del genere. Continuavo a sentire un peso sul petto. No. Non ho preso il virus. Non ho preso il virus. Continuavo a ripetermelo.

Ero diventato un drago, volavo. Mi sentivo forte. Poi sono stato scaraventato a terra con Amos che avanzava insieme a… a chi? Chi era quella figura? Forse papà? Mi piace pensare che lo sia. Poi quel virus…

Ancora sentivo che mi mancava l'aria. Provavo a respirare, ci riuscivo, ma la sensazione di pesantezza sul petto sembrava annidata da qualche parte nei bronchi. Ho provato a tornare di nuovo all’analisi onirica.

Il drago è nell'immaginario collettivo sempre posto a protezione di tesori, un essere da uccidere, da superare, per poter godere della ricompensa. Se lo sogno, ho forse un tesoro nascosto da qualche parte nel mio subconscio. Ma ero io l'essere squamato nel sogno. Forse il mio subconscio mi stava riproducendo le immagini fantasiose della sofferenza che mi ha provocato in questi anni la mancanza di un padre, un padre vero. Amos, in parte, lo è stato. Infatti si era fuso con quella figura incappucciata. Ma il suo sangue non scorre nelle mie vene, e lui e io lo sappiamo bene. E in più questo dannata pandemia che infetta pure i miei sogni!

Un matassa che si faceva sempre più ingarbugliata nella mia mente. Nonostante l'aria fredda che entrava dalla finestra aperta la sensazione di oppressione nei polmoni era ancora lì. Mi sono alzato per andare a bere dell'acqua e deglutire quel nodo alla gola, assieme all'umore che si faceva sempre più nero. Mi muovevo nel buio, in maniera scomposta, il percorso da camera alla cucina è breve e senza pericoli. Ma ho urtato il mignolo del piede nell'angolo del mobiletto in corridoio. Il dolore acuto mi ha risvegliato completamente i sensi. In un attimo il demone della furia mi mostrava una dietro l'altra le immagini degli eventi dall'ultimo mese, mescolate alla vecchia dannata pellicola della mia infanzia. Mi feci sedurre dal richiamo seducente della rabbia tanto che il pensiero è diventato azione e il fuoco è divampato correndomi fuori dalla gola, sottoforma di imprecazioni urlate al povero vaso in terracotta dipinto a fiori, che si trovava sfortunatamente davanti a me. Non bastandomi la voce, sono ricorso alla forza fisica. L’ho presa a calci, si è frantumato. Ne ho schiacciato tutti i cocci fino a ridurli in polvere. Non bastava. Sono andato in camera, ho sbattuto la porta, l’ho preso a calci. Per quei tre minuti il mio essere era governato solo da lava infuocata. Mi sono spaventato per una frazione di secondo per la perdita totale di controllo, il tempo utile a riavermi. Mi hanno sentito sicuramente tutti i vicini.

Ho guardato il risultato del mio sfogo, ansimando come avessi corso trenta chilometri. Avevo indosso solo delle ciabatte e ho frantumato un vaso di terra cotta e aperto una voragine nella porta della mia camera. Porca vacca. Non avevo un accesso di rabbia così dall'ultima volta che ho ribaltato il banco di un mio compagno di classe in quinta superiore. Non voleva farmi copiare il bilancio di Economia Aziendale.

Con una calma sorda, ho preso una scopa e una paletta e ho eliminato le prove della furia di qualche momento prima, fino all'ultimo granello di polvere di terracotta. La porta è irrimediabilmente rovinata. Chissenefrega, mamma e Amos non lo sapranno finché non torneranno a casa.

Così, però, non va. Realizzo che vaso e porta non sono le uniche cose andate in frantumi. Qualcosa mi si è rotto dentro. O forse si è liberato.

Papà.

Ci deve essere qualche cosa che possa ricondurmi a lui. Adesso è arrivato il momento di affrontare il demone, con l'armatura del drago. Lo cercherò in capo al mondo.

A cominciare dalla memoria di mia madre.