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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Michele, giorno 26


Hazzard - IV Cornice




Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che restar non potem; però perdona,
se villania nostra giustizia tieni.







Addormentarmi ieri sera al Molino è stato uno strazio. Avevo gli occhi gonfi come due palloni per la luce dello schermo del computer. Il pavimento era duro, ho messo qualche foglio di cartone di scatoloni vuoti che c'erano in laboratorio, hanno funzionato come buon isolante, ma non sono comparabili ad un materasso. Il fatto di essere lì, all'interno del negozio con una bottiglia di vino, un panino per cena e come unica luce lo schermo del portatile mi faceva sentire come un intruso in un luogo dove non si può campeggiare. L'eccitazione mi teneva sveglio.

Dopo essermi girato e rigirato per trovare una posizione comoda, sono caduto in un sonno senza sogni. Mi sono svegliato con la sensazione di aver preso una badilata in faccia. Vino e pavimento duro non fanno una buona accoppiata per un buon riposo. Eppure la schiena questa mattina mi sembrava dannatamente più dritta. Non è che dormire per terra, in realtà, faccia bene alla spina dorsale? Sono uscito furtivamente dal negozio e mi sono avviato verso casa. Una cliente abituale, anziana, mi ha fermato chiedendomi quando riaprisse il Molino. Ho risposto che Amos è impegnato ad aiutare lo zio su a Teglio per le tante consegne che stanno facendo al pastificio e non sapevo dirle. Vero che molti vorrebbero comprare il pane qui piuttosto che al supermercato, ma possono andare da altri alimentari.

E non puoi gestirlo tu?

Io? Da solo? E chi ha voglia di sobbarcarmi tutte quelle responsabilità? Lavorare la notte e avere gli orari completamente sballati? Non ne ho nessuna voglia. Già mi è difficile vincere la pigrizia per studiare gli argomenti completamente inutili che devo sorbirmi all'Università. Potessi selezionare solo gli argomenti che mi interessano lo farei.

Ricordo bene quando al secondo anno, il vecchio professor De Blasi portò a lezione con sé un suo vecchio amico, anch'egli professore universitario in pensione. All'epoca stavamo studiando il Mito della Caverna di Platone e per l'occasione il vecchio amico del professore ci raccontò di un ragazzo tedesco degli anni della Seconda Guerra Mondiale, che lui conosceva solo per i fatti che gli furono narrati da un vicino di casa. Questo ragazzo si chiamava Felix, era studente di filosofia e fu costretto ad arruolarsi nella Wehrmacht. Ne aveva viste di tutti i colori, aveva vissuto nei peggiori scenari che quella guerra potesse partorire, eppure riusciva con incredibile spontaneità e lucidità a concetrarsi su un altro livello della vita, un piano più luminoso e non solo sulle ombre. Scriveva lettere a sua sorella invitandola ad essere felice, ricordandole che lui sempre pensava a lei con amore, informandola della sua intenzione di convolare a nozze con una giovane infermiera conosciuta da poco.

E' affascinante come certe persone pare riescano a non lasciarsi travolgere dagli eventi terribili che li circondano. Forse l'amico del professore ci aveva portato questo esempio per connettere Felix al prigioniero della Caverna che si libera dalle catene e vede che le ombre non sono altro che illusioni? Un cambio di prospettiva radicale può cambiare totalmente la nostra vita? Allora, come il prigioniero mitologico di Platone, dovrò cercare anche io il mio sole, quella luce che discioglierà le ombre proiettate dal fuoco della mente che proietta illusioni sulla parete rocciosa della Caverna. Uscire dalla prigione, dalla Matrix. Di nuovo quel film... il concetto della trilogia era proprio basato sul mito di Platone.

Queste sono cose che mi interessano, che mi rimangono in testa. Ricordi incisi nella mia banca dati che si illuminano quando meno me l'aspetto. Come se dovessi scavare più a fondo e capire qualcosa che, al tempo, non avrei mai potuto comprendere. Il mio sole salvifico può essere Schneider.

Ad ogni modo, la ricerca ha dato pochi frutti. Schneider è il cognome più diffuso in Germania. Mamma mi aveva detto che aveva origine tedesca. Di Richard Schneider ne ho trovati a bizzeffe. Massaggiatori, allenatori di calcio, atleti. Un tizio ha pochi anni meno di me ed è un calciatore della giovanile del Bayern. Io di calcio non ci capisco un tubo, però il tizio sembra promettere bene. Naturalmente è tutto da vedere visto che qua ormai non gioca più nessuno. Nella lista sono spuntati fuori anche un giornalista, di Monaco, una grossa società francese internazionale e un attore famoso americano, che faceva Bo Duke in Hazzard. La faccia non mi è nuova.

Peccato che si chiami John.
Quello che più di tutti si è avvicinato alla figura perduta di mio padre è un musicista fuori di testa. Richard Schneider Junior. Per un attimo pensavo fosse lui. Anche la foto che ho trovato potrebbe corrispondere all'invecchiamento della versione anni '90 in quella polaroid trovata nel cassetto di mamma. Ma no, era un chitarrista, produttore, cantante... insomma uno che si faceva alla grande negli anni '70. Almeno, dalle canzoni che ha scritto può essere che qualche cannone se lo fumasse.

È tutto il giorno che ascolto le sue tracce, non sono affatto male. Un bel trip mentale. Magari un tizio del genere non mi avrebbe rifiutato e ora passerei le giornate fumando e componendo musica.





Un'idea matta si insinua nel cervello di soppiatto... ora mi esplode la testa. Domani proverò a cercare negli archivi dell'Uni. Magari trovo suo figlio, o sua figlia. Se ha vissuto a Milano può darsi che i suoi figli abbiano studiato in Statale o in qualche altra facoltà.

Devo seguire ogni possibile pista.