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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Michele, giorno 25


Oblivion - III Cornice



E quanta gente più là sù s’intende,
più v’è da bene amare, e più vi s’ama,
e come specchio l’uno a l’altro rende.







Questa mattina l’ho passata al supermercato. Mi sono svegliato con calma, sicuro che comunque avrei trovato coda. Invece no, solo 45 minuti di attesa prima di entrare. Tra le varie cose ho preso anche del cibo per Catone. Delle bustine e un pacchetto di croccantini. Certo voglio tenermelo amico, quindi anche qualche scatoletta di tonno in più l’ho messa nel carrello.

È diventata normalità tutto questo guardarsi dietro queste armature di tessuto e lattice. Almeno per me. Il vecchio mondo mi pare sia un sogno lontano. Gli apertivi, un caffè al banco del bar. Un gelato. Un abbraccio… quello sì, manca. Il contatto fisico è assolutamente necessario all’uomo. Tutto questo stare distanti non giova per niente, soprattutto ai bambini. Loro più di tutti hanno bisogno del contatto umano. Ho salutato un tizio che conosco con il gomito, mentre eravamo in coda per entrare al supermercato. Con il gomito! Lo abbiamo fatto ridendo, ma entrambi provavamo imbarazzo. Sembrava tutta una messinscena… ad ogni modo, ho altro a cui pensare, fortunatamente.

Tornato a casa Catone era lì che mi aspettava. Non è voluto salire, nonostante il suo continuo strusciarsi sulle mie gambe. Che c’è Catone? Sembrava volesse dirmi qualcosa. Il tempo di salire in casa e sistemare la spesa e sono sceso di nuovo. Era ancora lì. Con la coda alzata, si incamminava e si voltava verso di me. L’ho seguito. È andato 150 metri più avanti, sulla strada. Si è fermato davanti al cancello di una villa il cui proprietario non avevo mai visto. E credo non lo vedrò mai più. C’era un fiocco argento con un necrologio sul cancello. Armando Galli di anni 79. Ne annunciano la triste scomparsa i figli Mattia, Cristian e…

Guardo Catone. Lui mi fa un miagolio. Era lui il tuo padrone? Lui per tutta risposta guardava fisso la casa, muovendo a scatti leggeri la punta della coda. Mi spiace Cat… io però devo tornare, sono senza mascherina, se mi vedono mi multano! Non ho mai parlato così tanto a un animale. L’ho accarezzato senza prenderlo in braccio, non ne avevo il diritto. So bene come sono suscettibili i gatti. Ho fatto per incamminarmi per evitare la municipale e lui miagolando, mi ha seguito. Alla fine eravamo tutti e due a casa. Gli ho preparato dell’acqua e aperto una scatoletta di tonno, con dei croccantini a fianco. Ha spazzolato tutto lasciando un po’ dei croccantini ed è andato a mettersi sul divano. Mi prendo io cura di te. Non che tu ne abbia bisogno visti i segni delle lotte che hai! Un micio con le palle. Anche se solo in senso figurato...

Ho passato il pomeriggio guardando gli alberi fuori dalla finestra con Catone che ronfava beatamente. L'invidia per i miei fratellastri ha cambiato gradualmente colore e si è trasformata in un'emozione che conosco fin troppo bene. La rabbia. Pensava di comprare la mia non nascita con un milione di lire. Se era tanto facoltoso che problemi aveva a mantenermi? Forse era troppo codardo per affrontare le sue responsabilità.

Ho cercato di negoziare con il demone della furia che sentivo in corpo. Avevo bisogno di propellente per meglio passare all'azione. Per concentrarmi ho ascoltato della musica Chillout. Oblivion era il nome del remix. L'oblìo in cui ero finito nell'Universo di Schneider. Ma riemergerò dal suo dimenticatoio, in un modo o nell'altro.





Poi, verso sera, è arrivata l'idea. Il demone della rabbia richiedeva come prezzo per il suo carburante un'azione concreta. Come rompere un vaso o una porta. Ho deciso di rompere le regole. Ho preparato un panino grande, con formaggio, insalata e pomodori secchi sott’olio. L’ho incartato, ho preso una bottiglia di vino bianco, il computer, il diario, dell’acqua e ho messo tutto nello zaino. Per sicurezza ho preso anche lo spazzolino e una tuta pesante. Era assurda l’idea che mi era venuta in mente, ma avevo bisogno di cambiare aria per cercare e pensare meglio. Sono uscito di casa assieme a Catone e dalla cantina ho preso un sacco a pelo e un cuscino gonfiabile. Lasciando il garage semiaperto come rifugio notturno per il gatto mi sono avviato senza farmi notare verso il negozio di Amos.

Passerò la notte qui. Il ticchettio dell’orologio come unico segnale di vita. I forni che mi guardano nell’eterna attesa di essere riattivati e quell’odore di cibo impregnato nei muri che mi ricorda tanto il pastificio di zio Peppe a Teglio. La mia prima notte fuori casa dopo più di un mese. Mi sembra di essere in campeggio.

Circondato dai profumi che tanto ricordano la mia famiglia, mi metto ad indagare sull’uomo che non ha voluto essere mio padre.