giorno 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 36 | 37 | 38 | 39 | 40 |

Mark

︎Totentanz
la quarantena

giorno 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 16 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 | 30 | 31 | 32 | 33 | 34 | 35 | 36 | 37 | 38 | 39 | 40 |  tutti i giorni

Mark

Sofia, giorno 9

︎


Amami Alfredo



Anche stamani mi sono svegliata e non sapevo dov’ero. I miei occhi hanno fatto lo stesso giro di ieri e del giorno prima ancora: lampadario, armadio, soffitto, specchio.

Sono a Milano, a casa del Papà: 18° giorno di quarantena.



Guardo la pila di spartiti accanto al pianoforte e me li sento cadere addosso: MACIGNO.


Sono le 12:43, fuori c’è il sole ma nessun rumore. Fuori c’è la pandemia.

Mi tiro su e arriva il mal di testa. Già, il maledetto vino scadente che ho comprato di corsa ieri al Pam Local. Ho rifiutato l'invito a cena del Lazzareschi per continuare la mia ricerca del testamento. Non ho cenato, ho solo bevuto il vino e adesso ne pago le conseguenze. Ho la gola secca e un sapore di schifo in bocca. Sto prendendo anche io quel vizietto del bere che aveva papà negli ultimi anni.

Continua a tornarmi alla mente la telefonata del medico Sono state la pipa e la testardaggine ad uccidere suo padre. Non si è voluto curare.

Si è lasciato morire. Se non era per i vicini che lo sentivano tossire adesso sarebbe a marcire su questo letto, da solo. Sì, a marcire da solo, perché di certo io non lo avrei chiamato per sapere come stava. In quell’ultima telefonata di 5 mesi fa mi ero promessa che da lui non avrei voluto più niente.
Io ho ucciso mio padre 5 mesi fa, attaccandogli il telefono in faccia, durante la mia aria preferita della Traviata: Amami Alfredo, secondo atto. Mi ricordo che stavo seduta ad occhi chiusi sulle poltroncine dietro i palchetti. Aspettavo che una signora tornasse dal bagno per riaccompagnarla al suo posto, quando mi è vibrato il telefono in tasca. Non si potrebbe rispondere sul lavoro, soprattutto se si sta aspettando di riaccompagnare una di queste vecchie abbonate alla sua poltroncina, ma ero così felice che mi chiamava finalmente dopo tanto tempo, che sono schizzata fuori dal Teatro Regio e ho risposto.

Niente, tutto inutile. Ce l’aveva con una sua allieva che aveva fatto l’arrogante e lui le avrebbe tirato l'archetto del violino in testa, ma chiaramente non ha potuto farlo che sennò quella lo denunciava e la sua fama di insegnante premuroso andava a farsi fottere. E giù a bestemmiare contro le donne che di musica non se ne intendono, io per prima ovviamente, la vergogna della famiglia. Io ci rimasi così male, come sempre. Possibile che mi chiamasse dopo tanto tempo e neanche mi chiedesse come stavo? Come sempre, era sbronzo e ha finito per prendersela con me, la figlia del grande musicista che l’ha tanto deluso. Una povera cretina come te, che non hai voluto finire il conservatorio!
A me della musica non me ne frega niente e lo vedo, lo vedo, quel pianoforte nero che mi minaccia nella mia vecchia camera, dove ha lasciato tutto com’era. Ogni tanto passo il dito sulla cicatrice sotto il sopracciglio destro, in questi giorni che sono qui lo faccio spesso. È la cicatrice di quella volta che a 13 anni mi ha preso la testa e me l’ha sbattuta sui tasti perché gli avevo detto che il secondo tempo del Chiaro di Luna di Beethoven era noioso. Ho controllato prima, c’è ancora una crosticina di sangue tra quel Do e quel Si.

Cazzo papà avevo 13 anni! Possibile che tu non potessi accettare che volevo solo uscire con le amiche e fare altro. ALTRO!!

Cinque mesi fa l’ho ucciso, proprio quando cominciava ad andarci giù pesante È vergognoso che una Schneider faccia la maschera in teatro, sei una donna senza palle... Eccetera, eccetera, eccetera. Non avevo più voglia di starlo a sentire, mai più. Gli ho attaccato il telefono in faccia: MORTO.

Tornata in teatro c’era la fine dell’aria e io piangevo come una matta, mentre il telefono mi vibrava in tasca. Era lui che provava a richiamarmi. Per tutta la sera ci ha provato.




E allora perché ora che è morto davvero mi fa tanto male? Perché m’ha lasciato questo grande peso dentro, tutti questi spartiti, queste cassette, vinili, violini, libretti d’opera, tutta questa merda. Non mi ha neanche salutata, non si è neanche fatto dire TI ODIO!. Se n’è andato senza che potessi dirgli che io l’avevo già ucciso!!

Stupido sciocco destino. Incredibile che quell’uomo riesca a farmi male anche da morto. Stupida io che sono corsa qui quando ho saputo che aveva preso il Covid-19. Stupida stupida stupida che non sono ripartita subito per Parma.

E come se non bastasse la situazione virus è ufficialmente degenerata. Oramai siamo in uno stato totalitario e anche portare fuori Ramòn è diventato un lusso. Il Signor Lazzareschi ha 82 anni ed è proprio nella fascia a rischio, ora ha paura ad uscire e quindi vado io a fargli la spesa... e poi mi vengono le paranoie se sia giusto o no stare a cena con lui e giocarci a burraco. Perché che ne so se sto veramente attenta quando esco. Basta una piccola distrazione e TAC! Ieri sera mi sono guardata il tutorial per farsi la mascherina della Barbara d'Urso. L’ho fatta. Almeno questo.

Dio che mal di testa. Quanto vorrei una granita al limone del siciliano adesso!