15 luglio 2001 Caro carissimo diario!
Domani ho il 5° esame di pianoforte. Fuori il sole splende e io sono chiusa in casa con Papà che mi controlla.
Prima è uscito a far la spesa e allora mi sono potuta sgranchire le gambe sul balcone. Il Signor Lazzareschi dei III° piano mi ha fatto i complimenti per la sonata. Poi mi ha passato una fetta di crostata di albicocche fatta da sua moglie, buonissima! È gentile. Ieri sera era sul balcone a fumare la pipa con papà e ho sentito che gli proponeva di portarmi con loro in vacanza in Toscana. Dice che hanno delle nipoti della mia età. E speriamo anche qualche nipote, maschio!!! Credo che il Signor Lazzareschi mi voglia bene, anche Carla, la moglie.
Forse se passo bene l'esame il papà mi fa andare, MAGARI!!
Uffa non capisco perché me ne devo star chiusa qua dentro quando tutti stanno al parco!
Ecco, sta tornano il mio carceriere, il maestro di Cappella!!!!! Scappo al pianoforte
Adieu
Ebbene caro diario. Sono passati 19 anni ed eccomi qua, ancora viva, torno alle tue pagine!
Ti ho ritrovato nello scatolone sopra l'armadio a casa di Papà, insieme a tutte le mie cose...
Quell'estate del 2001 il papà non mi ha lasciato andare in Toscana con i Lazzareschi, ma mi ha portata con lui in Liguria. L'esame di pianoforte l'avevo passato ma lui non voleva sentir ragioni. È stata l'estate in cui tutte le mie amiche hanno fatto sesso per la prima volta, tutte meno che me. Certo, all'epoca ancora non sapevo dell'enorme confusione ormonale a cui sarei andata incontro negli anni successivi. Ma questa è un'altra storia...
Che dolcezza i 15 anni. Tutti quei fatti sembravano di fondamentale importanza, ma adesso che il Papà è morto, caro diario, non c'è più nessuno contro cui puntare il dito.
Sono a Milano da 3 giorni, non ho potuto scrivere prima perché sono stata letteralmente inondata dagli eventi. Il 27 febbraio ho ricevuto una telefonata dal Signor Lazzareschi, stavo lavando i piatti, e per poco non sono riuscita a rispondere perché avevo le mani bagnate. Mi diceva che era venuta l'ambulanza a portarsi via papà. Pensa che sul momento l'ho ringraziato, ho finito di mettere apposto e sono andata a lavorare. Vivo a Parma adesso e lavoro al Teatro Regio, non come artista però ( sai che non sono in grado), faccio la maschera...Quella sera c'era la Bohème...
"Che gelida manina, se la lasci riscaldar...Cercar che giova? Al buio non si trova.
Ma per fortuna, è una notte di luna, E qui la luna... l'abbiamo vicina."
Alla fine del I° atto stavo correndo verso la stazione col magone in gola. Alle 10.40 di sera ero già qui a Milano. Il Papà l'avevano portato al Fatebenefratelli ma non potevo andare a trovarlo per via del virus che c'è ora, quindi son venuta a casa. Ho dovuto suonare al Lazzareschi per farmi aprire perché io non avevo neanche più le chiavi. Lui mi ha lasciato la sua copia.
La mattina dopo mi hanno chiamata dall'ospedale dicendo che papà era morto, che aveva contratto la Covid-19 e che era già troppo tardi quando sono venuti a prenderlo a casa.
Mi ha chiamato anche il medico di famiglia. Ci ha tenuto a dirmi Sono state la pipa e la testardaggine ad uccidere suo padre. Non si è voluto curare.
Si è lasciato morire forse. Ti sei lasciato morire papà?
Sono andata in ospedale a prendere i suoi effetti personali e una dottoressa con la mascherina mi ha detto che non potevo vederlo, né fargli il funerale. Ci avrebbe pensato lo stato, mi avrebbero fatto avere le ceneri nei prossimi giorni. Me lo diceva senza neanche il coraggio di guardarmi negli occhi. Al Fatebenefratelli la situazione era surreale. Tutti che stavano lontano, tutti con i musi lunghi nascosti dietro alle mascherine. Io non capivo perché la dottoressa non voleva guardarmi negli occhi. Mi dispiaceva perché io avevo bisogno di un po' di umanità.
Mi ha dato una busta di plastica con dentro un orologio, le chiavi di casa, la collanina d'oro col ciondolo della chiave di violino, il portafoglio: papà.
Gli effetti personali di suo padre sono stati sterilizzati, non si preoccupi.
Poi mi ha detto che i vestiti erano stati bruciati, e sperava non mi dispiacesse troppo.
Non sapevo neanche com'era vestito! Mi sono fumata una sigaretta sulla panchina fuori dall'ospedale. C'erano alcune persone al parco, con i cani, con i bambini. Boh, io mi sentivo su un altro pianeta. Sono tornata a casa a piedi, in giro c'è poca gente. Assurdo camminare di nuovo in questa città e ricordarsi i negozi, le vie, i palazzi...
Quando sono arrivata a casa ho suonato al Lazzareschi per rendergli il mazzo di chiavi che mi aveva prestato la sera prima ora che potevo usare quelle del papà. Che gentile il signor Lazzereschi, mi ha guardata negli occhi e mi ha detto che gli dispiaceva tanto. Mi ha accarezzato una guancia, come faceva quando ero piccola, e io ho pianto, ufff, quanto ho pianto abbracciandolo e affondando la faccia nel suo maglione.
È stato più forte di me. Alla fine mi sono scusata ma lui mi ha invitata a pranzo, aveva fatto il risotto con l'osso buco. Non potevo dire di no. Mi ha detto che Carla era morta 3 anni prima... pensa, papà non me l'aveva mai detto. Lui per non soffrire troppo la solitudine si è preso un cagnolino.
È stato un bel pranzo, il cagnolino, Ramòn, è un giocherellone, e sarà stato il vino o il sole, non lo so, ma per il tempo che ero li non ho pensato a niente.
Poi m'è bastato scendere un piano di scale per ritrovarmi di nuovo alla realtà.
E sarà stato il troppo vino o il troppo sole, ma sono rimasta imbambolata davanti al portone d'ingresso, con le chiavi in mano. Così. A fissare la serratura come se stessi per aprire il cassetto dei sogni infranti.
Domani torno a Parma, dopo guardo i treni, mi manca Giulia e qui non ho più niente da fare oramai.