Sofia, giorno 27:
Il 7° giorno
Era domenica quando hanno portato il Lazzareschi al Policlinico.
È domenica oggi, di nuovo.
Sono passati sette giorni.
DO
Sono sette giorni che mi sveglio con gli occhioni di Ramòn che mi guardano pieni d'amore e ammirazione.
RE
Sette giorni che le sue leccate entrano nei miei sogni come baci.
MI
Sette giorni che il primo rumore che sento appena mi accorgo di essere sveglia, prima ancora di aprire gli occhi, è il fruscio della sua coda che scodinzola sfiorando la trapunta.
FA
Sono sette giorni che il signor Lazzareschi non è oltre il soffitto che vedo sopra la mia testa, sette giorni che non gioco a burraco, sette giorni che non entro in casa sua.
SOL
Sette giorni che sento il telefono che squilla nel suo salotto. Prendo le chiavi, corro su per le scale ma quando arrivo davanti alla porta hanno già riagganciato. È successo 5 o 6 volte, poi mi sono arresa e l'ho lasciato suonare senza neanche provare a rispondere.
LA
Sette giorni che giro per casa e cerco di tenere la mia mente il più occupata possibile, ma non ho il cellulare, né la tv e il fantasma di papà mi perseguita con ogni cosa che c'è qua dentro.
SI
Ripenso a quello che diceva papà Solo il tempo che si passa a suonare ed ascoltare buona musica è ben speso, tutto il resto è inutile.
ACCIDIA
Negli ultimi 18 anni ho passato il tempo in modi utili e meravigliosi. Non mi va di suonare e non lo faccio, non lo faccio neanche per il Lazzareschi, per nessuno. È più forte di me, ogni volta che mi siedo davanti al piano vedo riflessa nel legno nero, accanto alla scritta Steinway, la faccia severa di mio padre che mi sta alle spalle e mi controlla.
INVIDIA
Per lui è stato facile fare il musicista, era un fuoriclasse. Ha passato la sua infanzia con nonno Karl che lo bacchettava ma non se ne è mai lamentato. Lui voleva diventare un musicista, era pronto a rinunciare a tante cose per amore della musica. Io no. Per me è stato uno strazio, una costante rincorsa dell'obbiettivo che lui aveva posto per me.
SUPERBIA
Credeva di sapere qual era il meglio per me, lui? Io sapevo benissimo badare a me stessa e infatti così è stato. Fin da piccola mi sono dovuta abituare a crescere da sola, contando solo sulle mie forze.
AVARIZIA
È da quando ho 19 anni che non gli chiedo più un quattrino. Lui non mi ha mai passato niente, per gli affitti, i viaggi, i vestiti, niente. Ho sempre lavorato e mi sono sempre guadagnata i miei soldi. E ora come regalo finale mi ha lasciata con un sacco di cianfrusaglie che varranno ben poco e una presunta sorella o fratello con cui dividerle.
IRA
E magari se avesse saputo dove si trovava questa Giada Brenna le avrebbe mandato dei soldi a lei, per la creatura. A lei sì, a me no. Ho fatto bene a mandarlo a cagare quella sera durante La Traviata. Si meritava di soffrire, di star solo.
LUSSURIA
E in più sono giorni che lo sogno con lei, con Giada. Li sogno nascosti dietro porte chiuse, avvinghiati in baci appassionati. Sogno di trovarli incastrati tra le pagine degli spartiti, nudi. Sogno di incontrare Giada Brenna da sola, giovane, sensuale, provocante e sogno di farci l'amore, riempiendomi la bocca del suo sapore.
Poi accade sempre che i baci diventano sempre più grotteschi e allora mi accorgo che quello che sto vivendo è un sogno e torno alla realtà e a Ramòn che mi lecca la faccia felice.
Per lui è tutto un gioco. La sua vita sembra così estremamente semplice.
Ho sempre fame, ogni volta che mi nutrirai mangerò.
Ho sete, bevo.
Devo fare pipì, portami fuori, sennò la faccio in salotto.
Giochiamo? Giochiamo? Giochiamo?
Ho sonno, dormo.
Voglio le coccole, fammi le coccole.
Dove vai? Vengo anche io! Non posso venire? Ti aspetterò!
Ecco cosa passa per la testa di Ramòn.
Ogni mattina lo porto fuori. Scendiamo al parchetto e poi ci incamminiamo nel vialone e arriviamo davanti al Siciliano. Lui segna il territorio sulla saracinesca chiusa e io mi chiedo sconsolata quando potrò finalmente concedermi quell'innocuo peccato di GOLA, quella granita al limone che desidero ogni giorno di più.
Sono sette giorni che dal Policlinico mi dicono che l'unica cosa che posso fare è aspettare.
Aspettare. Nessuno mi ha mai insegnato a farlo.
Aspettare e sperare, aspettare e avere fede, aspettare e avere forza, pazienza, coraggio.
Tutte cose che non si trovano nel frigo dei formaggi del supermercato.
Anche Beethoven nel suo testamento ad un centro punto scrive che bisogna essere virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere felici, non certo il denaro. È stata la virtù che mi ha sostenuto nella sofferenza.
Questa benedetta virtù di cui si parla tanto. Ma dove la trovo?
F. Schubert - Trio Op 100 - Andante con moto
G. Verdi- La forza del Destino- Ouverture
Dvorak - Sinfonia No 9 4° tempo.
J.S. Bach - Ciaccona- Partita N°2
G. Faurè - Requiem Op.48 'In Paradisum'
L.V. Beethoven Op.127 - 2. Adagio ma non troppo
Offenbach - I racconti di Hoffmann - Barcarolle