Sofia, giorno 33:
Il piccolo principe
Stanotte Ramòn mi ha fatto impazzire. Mi sono alzata per fare la pipì e ho trovato brandelli del rotolo di carta igienica sparsi per tutto il salotto. Come se non bastasse lui se ne stava in cucina a mordicchiare le mie ciabatte. Gli ho detto con voce grave Ramòn che hai combinato? E lui si è andato a nascondere sotto al tavolo, come se avesse capito che aveva fatto una bravata. Questa cosa mi ha fatto perdere la testa. Se lo sa che non deve farlo perché lo fa?
L'ho preso per la collottola e l'ho portato in bagno per fargli vedere il casino che aveva combinato. Aveva anche tirato a terra gli asciugamani e li aveva ammucchiati tutti in un angolo. Sotto ci ho trovato la sua cacca. Lo ha fatto per dispetto a me. Come forma di protesta, di spregio.
Ramòn! guarda che hai fatto!
Era un disastro. Lui se ne stava tutto intimorito con la coda fra le gambe e io non sapevo bene cosa dovevo fare. Dovevo punirlo? Come si educano i cani?
Gli ho tirato d'istinto due sculaccioni Brutto e cattivo sei!
Che pena vedere i suoi occhi colpevoli che chiedevano perdono. Quasi ho ceduto alla tenerezza, ma qualcosa dentro di me mi ha detto che dovevo essere severa, solo così non l'avrebbe fatto più e avrebbe capito l'entità dell'errore.
Ho levato la cacca e ho messo gli asciugamani dentro un catino con l'acqua calda. Ramòn spiava i miei movimenti nascosto sotto il tavolo della cucina.
Dopo poco che ero tornata a letto l'ho sentito entrare in camera di soppiatto.
Fila via! Sei in punizione. E subito sgattaiolava fuori, ma dopo poco lo sentivo tornare.
Questa storia che vuole dormire sempre sul letto non va bene. Non va bene almeno per stanotte, perché l'ha fatta grossa ed è in punizione.
Alla terza volta che provava a salire sul letto l'ho preso e l'ho chiuso in bagno.
Stanotte dormi qui, capito? Sei stato cattivo, sei in punizione!
È stato difficile non cedere ai suoi occhi dolci e impauriti. Ma che dovevo fare? Una notte a dormire sulle mattonelle del bagno non ha mai ucciso nessuno.
Cazzo. Sto diventando come papà?
L'idea di averlo veramente chiuso in bagno, proprio come mio padre fece con me, mi ha tenuta sveglia un bel po' a rimuginare. Io non ho idea di come si educhi o addestri un animale. Non mi sono mai neanche presa cura di una pianta in vita mia. Ci ho provato ma muoiono tutte, anche quelle grasse, non so perché. Giulia mi prendeva sempre in giro. Io sono troppo buona, questa è la verità. Sono troppo buona e poi sono la paladina della libertà: liberi tutti e indipendenti, ognuno pensi per sé! Non ho il cuore di essere severa.
Per educare bisogna essere severi, e bisogna aver tanta pazienza. Perché dovrei educare Ramòn poi? A che servirebbe se il nipote del Lazzareschi se lo vuole portare in Toscana.
Mi sono fatta mille pensieri. Ho pensato che i cani devono essere addomesticati perché sono una specie che ha scelto di dipendere dall'uomo. Non è così? Non sono stati i lupi a cominciare a seguire i gruppi nomadi, soprattutto per mangiare i loro avanzi no? Poi una cosa tira l'altra ed ecco che l'uomo addomestica il cane, gli insegna a fare da guardia, a cacciare, a tenere il gregge, a difendere la proprietà, a non fare la pipì in casa, a dare la zampa, a non litigare con gli altri cani e a non abbaiare troppo.
Una cosa tira l'altra ed ecco che l'uomo impara a conoscere il cane e viceversa. L'uomo si prende cura del cane e viceversa. Il cane e l'uomo diventano amici.
Quindi amicizia significa prendersi cura? Finché c'era il Lazzareschi io per Ramòn ero la zia simpatica che lo portava a fare le passeggiatine. Ma adesso sono l'unica umana che gli è rimasta e mi tocca giocare anche la parte dello sbirro cattivo. Sono la sua padrona, colei che dedica il suo tempo alla sua crescita e solo così lui diventa speciale per me e io divento speciale per lui.
Ci conosciamo, ci prendiamo cura l'uno dell'altra, diventiamo amici.
Se gli lascio fare tutto quello che vuole significa che le sue azioni non provocano in me delle reazioni, o almeno non meritano delle reazioni che richiedano il mio tempo e la mia attenzione su di lui. E allora forse lui non si sentirebbe abbastanza importante per me, abbastanza amato, e allora le sue richieste di attenzione potrebbero sfociare in cose sempre più drammatiche. Potrebbero diventare disperate richieste di affetto che io interpreterei come colossali cattiverie e quindi se non lo educo bene adesso, se non sono severa e giusta con lui ora, può essere che in futuro il nostro rapporto sfoci in un vortice nero di incomprensioni e non detti...
ODDIO MA È DELL'EDUCAZIONE DI UN CANE CHE STO PARLANDO O DI QUELLA DI UN FIGLIO?