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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Sofia, giorno 26


La banalità del Bene


Giuseppe Ceni, il nonno di Caterina ha il Covid-19, quindi verosimilmente ce lo hanno anche i signori Ceni e Caterina. A quanto pare in via Donizzetti 5 c'è un focolaio.

Mentre mi fumavo una sigaretta sul balcone ho sentito la signora Ceni che parlava a telefono con qualcuno della protezione civile suppongo. Chiedeva che venisse sterilizzato il palazzo ma dalle sue risposte piene di delusione credo che gli abbiano detto che non si può fare. Spero vivamente fossero fesserie le cose che mi ha urlato l'altra mattina per le scale. Non credo mi si possa denunciare per omicidio colposo, sarebbe assurdo.



🎧Ascolta Sofia:





Ho appuntato il numero di telefono e l'indirizzo del panificio su un foglietto di carta. Poi ho aspettato che fosse tardi e sono salita al 3° piano per lasciare il Mac di Caterina davanti alla sua porta di casa. Deve avermi sentita salire le scale, perché appena ho lasciato il computer sullo stoino il portone si è aperto e io me la sono fatta sotto pensando che fosse la signora Ceni. Era Caterina invece, che mi stava aspettando sveglia. Ti prego andiamo a fare un giro e fammi fumare!

Ho preso il tabacco, Ramòn e siamo scese in strada.

Di notte Milano è ancora più spettrale, silenziosa e in qualche modo romantica, non so perché mi fa pensare ad una sonata di Satie. Eravamo sole, accompagnate solo dal rumore dei passettini di Ramòn che segnava con immancabile precisione il territorio su ogni palo e ogni angolo della strada. Anche Caterina se ne stava in silenzio, tirando grandi boccate di fumo dalla sua sigaretta fai da te.

I parchi chiusi erano pieni di margherite addormentate, tra le pietre del pavè stava spuntando l'erba e l'aria era profumata di primavera. La natura si sta riprendendo i suoi spazi.



Poi ci sono tutte le macchine che da giorni sono ai lati della strada e mi sembrano strani mostri addormentati. Qualche tempo fa avevo messo un fiore sul cofano di una 500 parcheggiata davanti casa. Avevo pensato che il proprietario sarebbe stato felice di trovare un regalo così sulla propria macchina. La 500 è ferma lì da più di un mese e il fiore è ancora sul cofano, marcito. Senza i proprietari le macchine sono solo mucchi di lamiera ingombranti, neanche così belli. Mi lamento di casa del papà, ma in fondo la terra è piena di cose inutili messe lì da noi umani. Ci siamo circondati di oggettini e oggettoni senza i quali crediamo di non riuscire a vivere in modo dignitoso.

Mi giro una sigaretta. Il mio oggettino senza il quale non riuscirei a vivere in modo dignitoso.

Caterina rompe il silenzio e il filo dei mie pensieri Hai sentito dire che riaprono le scuole a settembre?

No, non ho letto niente.

Non sai niente dal Teatro Regio? Quando riaprirà?

Mah, vogliono fare delle cose in streaming, non lo so, si stanno organizzando.

Verosimilmente i teatri saranno l'ultima cosa a riaprire, chissà quando. Forse anno nuovo. È per questo che sto cercando di capire quanti soldi e quante cose di valore mi ha lasciato papà.



Attraversiamo via Lamarmora. Ogni passeggiata mi porta vicino al Policlinico. Arriviamo fino all'ingresso del pronto soccorso. C’è un gruppo di infermieri che hanno appena finito il turno, chiacchierano fra loro a distanza di sicurezza e con la mascherina, ma sembrano felici.

Io vado a casa dice una ragazza allontanandosi

Ti mando il messaggino del buongiorno domani le dice dietro un ragazzo.

Va bene, manda manda risponde lei già di spalle al gruppo.

Però ogni tanto potresti mandarmelo tu! rilancia lui.

Lei si allontana guardando il telefono e ci passa accanto borbottando

come no, il messaggino…

credo che stesse sorridendo.

Ramòn intanto si è lanciato nel mezzo al gruppo di infermieri, annusando scarpe e caviglie di tutti. Riscuote un gran successo e anche qualche carezzina. Poi i ragazzi se ne vanno, ognuno per la sua strada.

Il Policlinico è grande, grigio, sembra respirare, lui. Un respiro profondo e appesantito, come quello di un vecchio che ha mangiato troppo. O come quello di chi ha il Covid.

Un altro mostro, il Policlinico, che mangia le persone, le mastica e le trattiene dentro le cavità del suo stomaco. Alcuni li sputa fuori che ancora camminano, tanti altri no. È delle nostre vite che si nutre .

Mentre me ne sto lì che guardo l’ingresso, sento Caterina tirare su col naso. Piangeva.

Nonno Beppe è qui dentro.

Anche il signor Lazzareschi.

La guardo piangere, dritta e sola, con le spalle chiuse e le braccia incrociate, fissando l'ingresso dell'ospedale. In fondo lei aveva solo bisogno di un abbraccio, voleva solo essere consolata. Le sue lacrime mi hanno commossa e il mondo intero attorno a me si trasformato in una miriade di prismi bagnati. Le sono andata incontro, rompendo la linea invisibile della distanza che avevamo sempre cercato di tenere fino a quel momento, e l'ho abbracciata forte, stringendole bene le braccia dietro la schiena. Il tessuto della mascherina assorbiva le nostre lacrime. Lei piangeva senza vergogna, come solo a quell'età si sa fare, e io la stringevo forte, pensando a cosa poterle dire per farla stare meglio. Non c'erano formule magiche che potessero alleviare quel dolore e scavando a fondo in tutti gli angoli del mio cuore alla fine una sola e semplice frase mi è salita naturalmente alle labbra ed è uscita in un sussurro alle sue orecchie.

Andrà tutto bene.