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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Sofia, giorno 7

︎


Serenade



Anche stamani mi sono svegliata tardi. Non riesco a star dietro alla sveglia. Al solito apro gli occhi e non so dove sono. Vedo il lampadario, l’armadio, lo specchio e allora ricordo tutto: sono a casa di mio padre, a Milano, c’è la pandemia e sono chiusa qua dentro da...

16 giorni. Macigno.

Mio padre è morto 18 giorni fa. Macigno

Non ho potuto fargli neanche il funerale. Macigno

Mio padre era uno stronzo. Macigno

Mio padre mi manca. BUM.

Ieri sera ho aperto un'altra bottiglia di vino, bianco frizzante, che va giù meglio del bianco liscio, e ho continuato la mia ricerca del testamento rimandando a stasera l'invito a cena del Lazzareschi. Ho aperto la cassettiera dell’ingresso. Dentro c’erano 37 scatoline di latta. Le ho prese tutte e messe sul tavolo in cucina. Le ho spolverate e aperte. Alcune erano vuote, altre avevano piccoli regali dentro. La mia preferita conteneva dei denti d’oro. Chissà di chi. Del nonno forse o del bisnonno? Alcune avevano dentro delle macchinine. Un maggiolone giallo. Chissà se erano i suoi giochi da piccolo e chissà perché teneva tutte queste cose...


Dopo averle aperte e guardate non sapevo più che farmene, intanto la bottiglia era alla fine. Cosa se ne fa uno di 37 scatoline di latta di un morto? Il silenzio diventava sempre più pesante e sentivo che stavo cadendo di nuovo in un pozzo senza fondo di domande, domande, domande. Questo maledetto silenzio è terra fertile per tutte le mie paranoie, soprattutto se lo annaffio col vino. Poi mi son fatta coraggio e ho messo Serenade di Schubert, la versione per violoncello e pianoforte, e finalmente ho smesso di pensare e ho solo pianto. Forse è a questo che servono gli oggetti dei morti, a farci piangere.





Papà dove sei? Non so cosa fare con tutte le tue cose. Io non sono pronta. Maledetto virus del cazzo. Ho bisogno d’aria, di più aria!! L'ultimo ricordo di te risale alla telefonata di 5 mesi fa, quando mi hai chiamata che eri sbronzo e te la prendevi con me perché ti avevo deluso col pianoforte. Solo quello sapevi dirmi, che ti avevo deluso, che avevo buttato la mia vita ai maiali, che il mio lavoro, la maschera al teatro dell'opera, lo facevano i figli degli operai, non i figli dei musicisti. Che ero una donna senza palle. Esatto papà, sono una donna e le palle non le ho, ma a te questa cosa non riusciva a entrarti in testa. Non sono mai stata una musicista ed è stato giusto che mi abbiano bocciata all'8° di pianoforte. GIUSTO! Non avevo la testa da pianista e neanche le mani. E adesso mi trovo incastrata a casa tua, soffocata dalle tue cose e con le tue ceneri che non so dove mettere. Questa casa è un mausoleo.