Giulia mi ha chiamata e mi ha chiesto una pausa. Ha detto che sono stata io a volerla e che lei mi sta solo venendo incontro. Se c'è una cosa che mi fa incazzare è quando la gente mi mette in testa cose che non penso. Io ho perso un po' le staffe, lei è rimasta calma. Certo, lei era pronta alla discussione, è stata lei a decidere, ma per me è stata una ciaffata di acqua gelida in piena faccia. Non capisce perché non sto tornando a Parma e dice che è evidente che mi sono fatta ingoiare dal mio passato e da mio padre.
Mi sento presa per il culo Sofia, non mi dici tutta la verità. Credevo che con tuo padre fosse un capitolo chiuso...
Certo che è un capitolo chiuso, ma non posso tornare ora. NON POSSO TORNARE!
Doveva finire il 3 aprile, e invece sta continuando, non è colpa mia. E lei ha tirato di nuovo fuori la storia che ho la residenza a Parma e che se lo volessi davvero potrei tornare.
E poi c'è l'aggravante che in questa casa non c'è internet e la linea del telefono fa schifo e quindi all'inizio ci siamo sentite con le videochiamate su whatsapp che erano tutte un non ti sento, aspetta, ti sei bloccata, come? ripeti, vai a scatti, non ti vedo più... e allora abbiamo smesso anche perché a lei fa strano videochiamarsi, e da un lato la capisco. È abbastanza terrificante coltivare un rapporto davanti allo schermo del telefono, ma a mali estremi estremi rimedi no? Comunque l'ha avuta vinta lei, come sempre, e alla fine ci sentivamo sempre meno, e c'erano molti silenzi.
Si lamentava che non le raccontavo niente. Ma che vuole che le racconti? Che mi sveglio tardi, con l'angoscia, che combatto ogni giorno con i ricordi e la malinconia e che bevo da sola, e piango da sola e che l'altro giorno ho toccato il fondo quando ho pensato a lei e mi sono masturbata sul letto del papà, ritrovandomi a mordere il cuscino per trattenere i gemiti, lo stesso cuscino dove lui è praticamente morto? Come pensi che stia Giulia? Mi vergogno, mi faccio schifo e a volte vorrei affondarmi le unghie nella carne per disperazione. Non voglio che tu mi veda così. Sto solo cercando di proteggere la nostra storia, che è l'unica cosa, cazzo l'unica, che mi da la forza di andare avanti in questo momento assurdo. Il solo pensiero che prima o poi potrò chiudere il portone di questa casa con tutte le mandate, lasciandomi alle spalle questo incubo, per tornare a Parma mi dà la forza di alzarmi la mattina. E non ti racconto niente perché sarebbe come buttare una palata di merda su un bellissimo quadro, capisci? Questa merda, la storia della mia famiglia, non ti riguarda, e non riguarda neanche me Giulia, per questo a 19 anni sono venuta via di casa e non mi sono più guardata indietro. E anche se la storia con te mi sembra oramai una cosa lontanissima, sentirti ogni tanto mi ricorda che la mia vita è molto diversa da quella che sto vivendo in questi giorni, e che ho un luogo d'amore e d'affetto dove fare ritorno. Un nido, capisci? Ho bisogno di te adesso, più che mai.
Cosa sono stata in grado di dirle di tutto questo? Niente.
Le ho solo detto che non era vero che io volevo una pausa, che se non le dico niente è perché non c'è niente da dire e che se proprio lei vuole chiudere con me, che abbia le palle di farlo e di non darmi le colpe di cose che non penso.
Ci risentiamo quando finisce tutto questo casino, stai bene... e ha chiuso la telefonata.
Cos'è successo dopo?
Ho scaraventato il telefono contro il quadro del violino nell'ingresso. Ho lisciato il quadro e il telefono è andato a sfracellarsi contro il muro. Un'altro cadavere per questa casa. Poi di nuovo silenzio, il maledetto silenzio pieno di demoni che riempiono questa casa. Ho sentito le budella che mi si attorcigliavano. Sono corsa in camera e, per la prima volta da quando sono qui, mi sono seduta al pianoforte e ho suonato, con la testa, sbattendola sui tasti abbastanza forte e per abbastanza tempo da far passare in secondo piano il dolore alle budella.
Poi mi sono sentita un po' meglio. Ho raccolto i cocci del telefono, per lui non c'è più niente da fare.
Si lamentava che non le raccontavo niente. Ma che vuole che le racconti? Che mi sveglio tardi, con l'angoscia, che combatto ogni giorno con i ricordi e la malinconia e che bevo da sola, e piango da sola e che l'altro giorno ho toccato il fondo quando ho pensato a lei e mi sono masturbata sul letto del papà, ritrovandomi a mordere il cuscino per trattenere i gemiti, lo stesso cuscino dove lui è praticamente morto? Come pensi che stia Giulia? Mi vergogno, mi faccio schifo e a volte vorrei affondarmi le unghie nella carne per disperazione. Non voglio che tu mi veda così. Sto solo cercando di proteggere la nostra storia, che è l'unica cosa, cazzo l'unica, che mi da la forza di andare avanti in questo momento assurdo. Il solo pensiero che prima o poi potrò chiudere il portone di questa casa con tutte le mandate, lasciandomi alle spalle questo incubo, per tornare a Parma mi dà la forza di alzarmi la mattina. E non ti racconto niente perché sarebbe come buttare una palata di merda su un bellissimo quadro, capisci? Questa merda, la storia della mia famiglia, non ti riguarda, e non riguarda neanche me Giulia, per questo a 19 anni sono venuta via di casa e non mi sono più guardata indietro. E anche se la storia con te mi sembra oramai una cosa lontanissima, sentirti ogni tanto mi ricorda che la mia vita è molto diversa da quella che sto vivendo in questi giorni, e che ho un luogo d'amore e d'affetto dove fare ritorno. Un nido, capisci? Ho bisogno di te adesso, più che mai.
Cosa sono stata in grado di dirle di tutto questo? Niente.
Le ho solo detto che non era vero che io volevo una pausa, che se non le dico niente è perché non c'è niente da dire e che se proprio lei vuole chiudere con me, che abbia le palle di farlo e di non darmi le colpe di cose che non penso.
Ci risentiamo quando finisce tutto questo casino, stai bene... e ha chiuso la telefonata.
Cos'è successo dopo?
Ho scaraventato il telefono contro il quadro del violino nell'ingresso. Ho lisciato il quadro e il telefono è andato a sfracellarsi contro il muro. Un'altro cadavere per questa casa. Poi di nuovo silenzio, il maledetto silenzio pieno di demoni che riempiono questa casa. Ho sentito le budella che mi si attorcigliavano. Sono corsa in camera e, per la prima volta da quando sono qui, mi sono seduta al pianoforte e ho suonato, con la testa, sbattendola sui tasti abbastanza forte e per abbastanza tempo da far passare in secondo piano il dolore alle budella.
Poi mi sono sentita un po' meglio. Ho raccolto i cocci del telefono, per lui non c'è più niente da fare.
Stasera vado dal Lazzareschi con una bottiglia di whisky del papà, ho letto che fa bene contro il virus. Bevo un po' e poi lo asfalto a burraco.