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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Sofia, giorno 24

︎


PoP


Mi sono svegliata col suono di grossi colpi che rimbombavano nella casa. Ci ho messo un po' a capire che non era il suono della mia testa che sbatteva sul pianoforte nello strano sogno in cui ero, ma che era qualcuno che, nella realtà, stava bussando violentemente alla porta.

Quando sono andata ad aprire ho visto la signora Ceni che scendeva le scale di corsa. Quando mi ha sentita si è voltata e mi ha urlato che ero uno stronza maledetta, che suo padre aveva la febbre e lo stavano portando al pronto-soccorso.

Ti denuncio per omicidio colposo! Ed è corsa via.

Buongiorno ho biascicato. È stata l'unica reazione del mio cervello ancora intorpidito. Stavo sognando di sbattere la testa sul pianoforte? Ramòn! Che ci fai qui? Ah si. Il Lazzareschi. Si. Ti devo portare fuori, prima però devo fare pipì.

Stavo sognando di suonare il pianoforte? Non riesco a fare pipì se Ramòn mi guarda.




Esci!

Niente, non esce. Ma che avrà da guardare?

Poi hanno bussato di nuovo alla porta, con meno violenza di prima però. Arrivooo!

Sarà già la polizia che mi è venuta ad arrestare? No, è Caterina che piange come una fontana.

Comincia a parlare a raffica e io che ancora non ho avuto il tempo di lavarmi la faccia faccio fatica a seguirla. Le do il mio tabacco. Sono 3, 4 giorni che non fuma. Quanti giorni fa hanno portato il Lazzareschi in ospedale?

Sempre questa cosa del tempo che passa in modo strano e io non riesco più a capire che giorno è e come mai le giornate sembrano lunghissime e poi improvvisamente sono finite.

La mamma è incazzata nera con te, dice che mi hai attaccato il virus e che io l'ho passato al nonno Beppe e ora devo stare chiusa in camera il più possibile e non vuole neanche più che esca sul balcone perché ha paura che lo mandi nell'aria. È impazzita!

Caterina è talmente agitata che non riesce neanche a girarsi una sigaretta da sola. Gliela preparo io. Poi metto su il caffè e mentre aspetto che esca mi vesto, mi lavo la faccia e rifaccio il letto. Caterina mi segue in ogni stanza senza mollarmi, senza smettere di parlare.

Dice che i suoi sono molto preoccupati sia per il nonno, che comunque ha la demenza senile e 97 anni, quindi di qualcosa dovrà pur morire, ma soprattutto per loro stessi. E che se scoprono che lei è venuta da me l'ammazzano, ma lei giustamente dice che oramai se ha il virus non ha senso che le vietino di vedermi. E lei non ha nessuna intenzione di non stare più in balcone, anche perché tutte le sue amiche hanno il giardino e si stanno abbronzando e lei non può tornare a scuola bianca come un cencio e gli ha proposto a sua madre se poteva trasferirsi da me.

A te andrebbe bene se venissi qui?

Mi si inceppa un attimo il cervello. Faccio finta di non aver sentito. Ci mancava la coinquilina adolescente. Bevo il caffè e le chiedo se mi accompagna a portare fuori Ramòn che se la sta palesemente facendo addosso.

Quanto staranno i tuoi in ospedale?

Non lo so, papà ha detto che mi chiama appena sanno qualcosa.

Ottimo, allora via libera. Usciamo.

Caterina non smette di parlare, è un fiume in piena. Io aspetto che si fermi un attimo per chiederle se mi presta il computer così posso finalmente cercare qualcosa su Giada Brenna. La questione Lazzareschi mi ha un po' distratto negli ultimi giorni. Lazzareschi. Devo chiamare l'ospedale per sapere se ci sono novità.

Caterina parla, parla, parla. Lancio un'occhiata verso il vialone sperando di scorgere qualche segno di vita all'altezza del siciliano. Magari un tavolino e due sedie, il tendone a strisce bianche e gialle aperto. Niente. Il marciapiede è deserto. Queste maledette giornate di sole, che voglia di granita! Caterina continua a parlare ininterrottamente poi le suona il telefono. È suo padre che le dice che il nonno Beppe è stato ricoverato e che gli hanno fatto il tampone e gli avrebbero fatto sapere. Loro sono ancora in ospedale perché sua madre sta facendo il diavolo a quattro per fare anche lei il tampone, ma a quanto pare lo fanno solo a persone con sintomi gravi. Sarebbero tornati a casa tra un po'.

Finalmente c'è stato silenzio.

Guardo di nuovo il palazzo e tutti quei rami che se lo stanno mangiando.

Caterina ho bisogno del tuo computer. E ho anche bisogno del vostro wifi. Devo fare delle ricerche su internet.

Lei mi dice Ok. Glielo renderò a notte fonda, quando i suoi dormono.

Torniamo a casa in silenzio. Al solito Ramòn sale diretto al 3° piano, noi lo seguiamo perché Caterina va in casa sua per prendermi il computer e io l'aspetto sul pianerottolo. Guardo la porta del Lazzareschi. Sono 3 o 4 giorni che l'hanno portato via? Da quanto non entravo più lì? Devo chiamare il Policlinico per sentire come sta. Ramòn mi guarda scodinzolando. Si aspetta che gli apra quella porta. Poi Caterina torna con il Mac in mano.

Ma quindi vuol dire che forse stamani è stata l'ultima volta che ho visto mio nonno? mi ha chiesto.

Forse le rispondo, la ringrazio e scendo a casa.

Chiamo il Policlinico e mi dicono che il Lazzareschi è stabile e che non posso fare altro che aspettare e stare in isolamento.

Questo è il virus della solitudine.

Apro il Mac di Caterina e mi accorgo che è da quando ho spaccato il telefono che non ho nessun contatto con il mondo estero. Dovrei andare su repubblica.it o su ilpost.it e leggere che sta succedendo. Numero di morti, contagi, restrizioni, crisi economica. Le mie mani non sermbrano d'accordo con la mia testa e digitano senza ripensamenti spotify. È da quando sono a Milano che sento solo ed esclusivamente musica classica.

Che fame di Pop!







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