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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Sofia, giorno 23

︎


Il Mondo di Sofia



Ho dormito nel lettone del papà, insieme a Ramòn. Io pensavo che i cani dormissero in terra, ma a quanto pare lui non ne vuole sapere. Poi la sera prima di dormire fa dei veri e propri show tra le coperte. Scava, scava, chissà cosa cerca.



Mi fa sentire meno sola. Capisco perché il Lazzareschi l'ha preso dopo la morte di Carla.

È simpatico.

Sono rimasta a letto tutta la mattina. Mi sono incantata a guardare la foto di Menuhin che papà teneva sul comodino. Da piccola mi faceva anche un po' paura. Yehudi Menuhin, il più grande violinista del '900. Ricordo il papà che mi parlava di lui con ammirazione totale e io ero gelosa che sul comodino c'era una sua foto invece di una mia.
Quando Einstein l'ha sentito suonare a 11 anni disse "adesso so che c'è Dio in paradiso".

Era uno di quei bambini prodigio che già a quell'età si esibivano in concerti davanti a migliaia di persone nei teatri più importanti del mondo. Niente di così eccezionale però se si pensa che Mozart ha composto la sua prima opera lirica a 12 anni. Comunque ricordo che papà mi raccontava che Menuhin non era neanche andato a scuola. I genitori lo tenevano a casa per fargli studiare violino e quando cominciò a diventare grandicello la madre gli faceva la barba in continuazione per farlo sembrare più giovane. Proprio come facevano con Beethoven. I geni a quanto pare hanno avuto tutti l'infanzia difficile e dei genitori molto severi. Quelli di Menuhin erano iper protettivi e non lasciavano che vedesse nessuno per non rischiare che venisse contaminato dal mondo esterno. Volevano che rimanesse puro.


Se si ascoltano le registrazioni dei suoi concerti da bambino si sente quella purezza, si sente che lui affrontava la musica con l'incoscienza e il coraggio che solo i bambini hanno.

Menuhin era un uomo straordinario, sì. Si arruolò volontario durante la 2° guerra mondiale per suonare per i soldati americani. Faceva un po' la stessa cosa che Brigitta, la zia del papà, racconta nel diario che leggevo al Lazzareschi. Papà mi faceva vedere i filmati di lui che suonava negli ospedali di campo. Il più grande musicista dell'epoca con una t-shirt sporca e sudata a suonare Schubert e Bach per gente che non aveva mai sentito questa musica nella sua vita. E ricordo le facce di quei soldati, nei filmati, che lo guardavano e si commuovevano. Forse le loro vite sono cambiate grazie a lui.


La musica può trasformare la tua vita Sofia, se glielo permetti. Me lo diceva sempre anche papà.

Sul mio comodino invece aveva messo il busto di Beethoven. Fin da bambina accanto alla sveglia vedevo, ogni mattina, il volto severo di quell'uomo. Per i miei 28 anni ricevetti per posta un cofanetto delle Sonate di Beethoven eseguite da Artur Schnabel con un bigliettino scritto a mano da papà. Mi aveva trascritto il Testamento di Heiligenstadt, quello che Beethoven scrisse a 28 anni, quando capì che la sua sordità era inguaribile e si accorse di avere davanti una vita di miserabile solitudine. Ricordo d'aver pianto quando lo lessi. Nel testamento, che poi era una lettera ai suoi due fratelli, Beethoven scrive di essersi quasi suicidato, ma di non averlo fatto perché La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre.

Le opere che sentiva l'imperioso bisogno di comporre erano 9 sinfonie, 8 ouverture, 5 concerti per pianoforte, 1 concerto per violino, un triplo concerto, 10 quartetti per archi, 5 quintetti per archi, 24 sonate per pianoforte e un sacco di altra roba. Insomma prima dei 28 anni, prima di diventare sordo, ma sordo vero eh, Beethoven aveva scritto ben poco.

La forza di volontà non conosce limiti. Fa delle debolezze i tuoi punti di forza. Mi diceva papà quando mi ascoltava suonare.

Ho ritrovato negli scatoloni in camera mia il biglietto d'auguri che mi aveva fatto per i miei 16 anni. Non mi ricordo il regalo, ma per l'occasione mi aveva trascritto una lettera di Mozart ad un'amante. All'epoca ci rimasi male, non capii. Parlava di cacca ed era estremamente volgare. Quando mi è capitata tra le mani l'altro giorno ho riso di gusto a rileggerla.




Papà aveva un bel senso dell'umorismo a volte, ma io e lui vivevamo su due pianeti diversi dove si parlavano diverse lingue.

Sai che un giorno mentre John Lennon sentiva Yoko Ono studiare il Chiaro di Luna, gli è venuto in mente di riscrivere la sonata al contrario ed è nata Because, dei Beatles.

E io che subito andavo al piano a suonare al contrario per vedere se mi prendeva in giro o no. Era vero. Ne sapeva una più del diavolo.

Mio padre, chiamato Richard dal nonno Karl in onore di Wagner, che mi avrebbe voluta maschio, Ludovico, nato magari il 16 Dicembre e invece gli sono nata femmina e con due giorni in anticipo. Mi sono chiesta se con mamma avessero pianificato il concepimento per farmi nascere lo stesso giorno di Beethoven, il 16 dicembre appunto. Dovrò tenermi il dubbio ora.

Mi sono rigirata nel letto tutta la mattina, con Ramòn che ogni tanto veniva a leccarmi le orecchie come a controllare che non mi riaddormentassi.

Sentivo intorno a me tutte quelle vite straordinarie contenute negli spartiti, nei vinili, nelle cassette, nei quadretti e nei soprammobili. Nessun macigno mi è caduto addosso, ma quanto mi sono sentita piccola ed insignificante in mezzo a tutti quegli eroi straordinari...

Che ci fa la piccola Sofia fra tutti questi geni? Ho sempre pensato di essere troppo semplice per far parte di questo mondo di grandi che attraverso la musica trasformano le vite altrui.

Sono rimasta a fissare la libreria, e il soffitto e tutte quelle cose. Sono le stesse ultime cose che ha visto papà prima di andare in ospedale. Forse non si è sentito così solo come penso, circondato da tutti i suoi maestri, i suoi super-eroi. Di nuovo la vista si è appannata, le lacrime. Io non sono stata all'altezza delle sue aspettative, non mi sono neanche mai meritata una foto sul comodino...

Sono state la testardaggine e la pipa ad uccidere suo padre. Non si è voluto curare.

Non ti sei lasciato morire per colpa mia vero papà? Perché ti ho deluso e abbandonato...

Io col pianoforte non sono mai stata in grado di fare granché. Mi dispiace che hai perso tanto tempo con me, io ho provato a dirtelo che non era quella la mia strada...

Dal Policlinico nessuna novità. Mi hanno detto che Lazzareschi è stabile, e non posso fare altro che aspettare.

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