Traugott

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Mark

︎Totentanz
la quarantena

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Mark

Traugott, giorno 19:

︎


Forse non c'è posto nel mondo




Ore 17:10

Caro Papà, ci tengo di continuare a scrivere la mia lettera a te, dato che tu credi di essere in una vita eterna dopo la tua morte e forse ti dispiacerebbe di ricevere solo una prima parte. E io sento che mi fa bene dirti i miei pensieri. Sono rivolti a te, e a chi li potrei mandare, se no? La mia febbre è sempre uguale, almeno mi sembra, il termometro del balcone misura 38,3 gradi, appoggiato fortemente sulla fronte. Ma la tosse mi sembra un po’ meglio. Sarà per lo sciroppo che ho preso in questi ultimi tre giorni. Adesso sta terminando, domani dovrò uscire e rifornirmi. È importante di tenerla sotto controllo questa tosse, sai, si può morire asfissiati da questo virus. E mi fa anche stare un po’ meglio di umore, lo sciroppo, speriamo che ne hanno ancora abbastanza in farmacia, forse tante persone se ne procurano, in questi tempi difficili. Non so se ce l’ho, il virus, ma non voglio andare all’ospedale. Non voglio vedere nessuno, non voglio che qualcuno mi parli o mi faccia delle domande o mi ordini di spogliarmi o di togliermi la dentiera. Appena la febbre sarà scesa e avrò recuperato le forze andrò io personalmente a capire la situazione negli ospedali, guarderò dietro alle tende che nascondono la verità, mi sono già procurato tutto il necessario e ho fatto tutti i piani. Devo solo iniziare a eseguire i preparativi.

Papà, anche tu alle volte hai avuto il sentimento di non essere al posto giusto? O di essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato? Io ce l’ho spesso. Sempre direi, anche adesso. In Ticino. In questa città. In questo appartamento. Mi ci sono abituato - ma ho il chiaro sentimento che il posto giusto sarebbe altrove, non qui, non in Ticino, neanche in Svizzera, non ho la minima idea dove. Forse non c'è posto nel mondo, per me.

Nel mio sogno di due giorni fa mi hai guardato in maniera molto triste, triste come non ti ho mai visto quando eri vivo. Anch'io ero tanto triste svegliandomi, eravamo tristi uguali, non saprei per cosa. Forse per qualcosa di importante che abbiamo perso tutti e due. Non ti ho visto mai neanche allegro, sembrava che non avevi dei sentimenti tuoi. Ho pensato un po' alla psicologia in questi giorni, e credo che tutti abbiamo dei sentimenti - ma è impossibile parlarne. Per me. Per te. Per Ruth no.


Mi posso immaginare che anche tu in verità l’abbia avuto molto forte, questo sentimento di essere perduto, ma che la tua fede ti abbia inchiodato nel posto giusto, e che ti abbia dettato i momenti giusti per le tue azioni giuste. Come a una marionetta, che non ha scelta. In questo senso, la religione è stata la tua salvezza. Beato te. Ma non ha potuto salvare me.

Mi ricordo il momento in cui mi sono rivoltato contro di te. Te lo ricorderai anche tu, quel momento. Era un impulso che in un battito d’occhio mi è salito dall’interno profondo, come la lava bollente che arriva dal ventre della terra cercando l’uscita attraverso la verruca che noi chiamiamo vulcano. Avevo 14 anni, tu avevi terminato la preghiera a tavola:

Komm, Herr Jesus, sei du unser Gast und segne alles was du uns bescheret hast. Für Spiis und Trank, fürs täglich Brot Wir danken dir oh, Gott.

e con quel sorriso fasullo che detestavo dicevi il tuo Amen.


Cinquemila volte avevo sentito quella preghiera, con quel Amen, una parola come un lupo nella pelle di un agnello che insisteva a fare la preghiera diventare una verità. Una qualche cinghia si è spezzata dentro di me e ho urlato: Amen di merda! Io non ringrazio un dio invisibile per la cena! Ringrazio la mamma che l‘ha preparata!  Era stata la prima volta che mi ero ribellato apertamente contro di te. C’era stato un silenzio di tomba, tutti gli occhi spalancati erano rivolti verso di me. Poi gli sguardi si posarono lentamente su di te. In attesa. Ma invece di una reazione energica, invece di alzare la voce, invece di darmi un ceffone, le tue labbra sono diventate una striscia che ha iniziato a oscillare, la tua faccia era diventata bianca. È la cosa che mi ricordo di più di quella sera: questa striscia orizzontale nel viso bianco come infarinato. Non so cosa hai pensato. Che ero perso? Che ero ingrato? Che ero miscredente? Forse tutto quanto, ma non l‘ho mai saputo, perché non abbiamo mai parlato di quel momento. Non abbiamo mai parlato di niente. N.I.E.N.T.E. Poi, invece di darmi uno schiaffo o di mandarmi fuori, ti sei alzato tu. Lentamente, e sei uscito dalla stanza. Capisci cosa intendo con vigliacco?

E non mi hai mai più picchiato.

Ti era piaciuta Ruth, perché, come non ti stancavi di ripetere, anche se non prega il nostro Signore, è una persona di fede. Sì. Anche lei credeva in mondi invisibili, ma i suoi erano veri. Solo che non me ne sono accorto, ai tempi. Vi siete conosciuti poco, te ne sei andato un anno dopo il nostro matrimonio. Sei triste che non ho figli? Che non hai nipoti? Io ne sono molto arrabbiato, prima lo ero con Ruth, perché era chiaro che era colpa sua. Quando invece mi è stato detto che era colpa mia, prima mi ero arrabbiato con il dottore, poi con il mondo, e alla fine con te. Perché è da te che ho ereditato questi spermatozoi immobili - no? Vabbè, un po' mobili dovevano essere stati i tuoi di spermatozoi, dato che sei riuscito a generare due figli. Io invece, sono geneticamente morto, finisce qui, la nostra famiglia. Fa male tutto quanto.


Sai, buttando ad un certo punto via le stampelle della religione, era difficile di camminare in maniera eretta, quel continuo male che sento fa zoppicare, adesso sembra che non riesca neanche più a camminare, non riesco nemmeno ad alzarmi. Anche tu hai sentito questo male? Tu hai avuto almeno la tua fede, ti ha dato comunque una struttura, la religione, a persone deboli riesce a dare persino uno scheletro, o piuttosto un esoscheletro, uno scheletro che li sorregge dall‘esterno, in aiuto alla debolezza delle ossa proprie che da sole non riescono a tenere eretta la persona, e a farla camminare. A te sono mancate le ossa, o forse erano degenerate, forse troppo fragili. Chissà come sei stato cresciuto. Come era tuo padre? Tua madre? Ruth ha sempre detto che la psicologia viene dalla propria famiglia. Non li ho mai conosciuti, i nonni. Sei riuscito ad attraversare la vita soltanto con l'aiuto di quella corazza, con quell'esoscheletro che ti teneva su e che ti aiutava a camminare, e ti indicava la direzione dove andare. Come avresti potuto indicare tu a noi dove camminare? Non è vero, l’hai fatto, hai puntato sempre in un’unica direzione, verso un unico punto. E Daniel ti ha seguito, ha intrapreso questa tua pista di fondo, ma io non potevo. Era più forte di me. Non era mia, quella direzione, quella meta. Una grande debolezza, alla fine, quella che io percepivo come vigliaccheria. Forse ho fatto sempre fatica ad accettarla perché ho trovato che un uomo debba essere in grado di camminare da solo. Che debba essere in grado di soffrire i dolori di quel cammino, senza nascondersi dietro a un mondo pieno di illusioni e di false promesse. Alla fine, affrontare la vita, con tutte le sue insidie, anche se, come me adesso, si trova solo come un cane e non vede nessuna via d’uscita da quello che tu avresti chiamato il suo inferno.