Ore 17:10
Caro Papà, ci tengo di continuare a scrivere la mia lettera a te, dato che tu credi di essere in una vita eterna dopo la tua morte e forse ti dispiacerebbe di ricevere solo una prima parte. E io sento che mi fa bene dirti i miei pensieri. Sono rivolti a te, e a chi li potrei mandare, se no? La mia febbre è sempre uguale, almeno mi sembra, il termometro del balcone misura 38,3 gradi, appoggiato fortemente sulla fronte. Ma la tosse mi sembra un po’ meglio. Sarà per lo sciroppo che ho preso in questi ultimi tre giorni. Adesso sta terminando, domani dovrò uscire e rifornirmi. È importante di tenerla sotto controllo questa tosse, sai, si può morire asfissiati da questo virus. E mi fa anche stare un po’ meglio di umore, lo sciroppo, speriamo che ne hanno ancora abbastanza in farmacia, forse tante persone se ne procurano, in questi tempi difficili. Non so se ce l’ho, il virus, ma non voglio andare all’ospedale. Non voglio vedere nessuno, non voglio che qualcuno mi parli o mi faccia delle domande o mi ordini di spogliarmi o di togliermi la dentiera. Appena la febbre sarà scesa e avrò recuperato le forze andrò io personalmente a capire la situazione negli ospedali, guarderò dietro alle tende che nascondono la verità, mi sono già procurato tutto il necessario e ho fatto tutti i piani. Devo solo iniziare a eseguire i preparativi.
Papà, anche tu alle volte hai avuto il sentimento di non essere al posto giusto? O di essere nel posto sbagliato, nel momento sbagliato? Io ce l’ho spesso. Sempre direi, anche adesso. In Ticino. In questa città. In questo appartamento. Mi ci sono abituato - ma ho il chiaro sentimento che il posto giusto sarebbe altrove, non qui, non in Ticino, neanche in Svizzera, non ho la minima idea dove. Forse non c'è posto nel mondo, per me.
Nel mio sogno di due giorni fa mi hai guardato in maniera molto triste, triste come non ti ho mai visto quando eri vivo. Anch'io ero tanto triste svegliandomi, eravamo tristi uguali, non saprei per cosa. Forse per qualcosa di importante che abbiamo perso tutti e due. Non ti ho visto mai neanche allegro, sembrava che non avevi dei sentimenti tuoi. Ho pensato un po' alla psicologia in questi giorni, e credo che tutti abbiamo dei sentimenti - ma è impossibile parlarne. Per me. Per te. Per Ruth no.
Mi ricordo il momento in cui mi sono rivoltato contro di te. Te lo ricorderai anche tu, quel momento. Era un impulso che in un battito d’occhio mi è salito dall’interno profondo, come la lava bollente che arriva dal ventre della terra cercando l’uscita attraverso la verruca che noi chiamiamo vulcano. Avevo 14 anni, tu avevi terminato la preghiera a tavola:
Komm, Herr Jesus, sei du unser Gast und segne alles was du uns bescheret hast. Für Spiis und Trank, fürs täglich Brot Wir danken dir oh, Gott.
e con quel sorriso fasullo che detestavo dicevi il tuo Amen.
E non mi hai mai più picchiato.
Ti era piaciuta Ruth, perché, come non ti stancavi di ripetere, anche se non prega il nostro Signore, è una persona di fede. Sì. Anche lei credeva in mondi invisibili, ma i suoi erano veri. Solo che non me ne sono accorto, ai tempi. Vi siete conosciuti poco, te ne sei andato un anno dopo il nostro matrimonio. Sei triste che non ho figli? Che non hai nipoti? Io ne sono molto arrabbiato, prima lo ero con Ruth, perché era chiaro che era colpa sua. Quando invece mi è stato detto che era colpa mia, prima mi ero arrabbiato con il dottore, poi con il mondo, e alla fine con te. Perché è da te che ho ereditato questi spermatozoi immobili - no? Vabbè, un po' mobili dovevano essere stati i tuoi di spermatozoi, dato che sei riuscito a generare due figli. Io invece, sono geneticamente morto, finisce qui, la nostra famiglia. Fa male tutto quanto.