Giorgia, giorno 39:
Il tempo purificato
🎧 Ascolta Giorgia:
Caro Quaderno Giallo,
Sono tornata a ridere! Non mi sembra possibile che la trasformazione mi abbia riportato il buon umore. Eppure mi sorprendo a sorridere dietro alla mascherina per strada se incontro una persona e a ricevere un ammiccamento. Diventiamo complici in una realtà che ci soverchia e se sorridiamo il tutto si alleggerisce. Rido guardando un bambino dribblare con la bicicletta che riesce a stare in sella malgrado la perdita dell'equilibrio. Parlo con un cagnolino che mi abbaia furiosamente senza sentirmi offesa. Avrà anche lui le sue paturnie. Mi sembra che il mondo sia cambiato. Di fatto sono io a vedere il mondo sotto un'altra luce, perché alla fine sono cambiata io. E la bellezza del momento, il godimento della primavera inoltrata, la camminata rallentata producono in me nuove sensazioni di gioia e appagamento. Come se non fossi mai stata a tempo nella grande orchestra della vita e ora riuscissi a immettermi nel ritmo, battendo i secondi senza fretta e ansia. Il tempo ritrovato.
Giorgia ha sconfitto il drago e tratto in salvo la bella principessa! Ho vangato il mio terreno e riportato alla luce reperti archeologici. Riesco a pensare a Eros e ricordarlo ora con dolcezza per i momenti di amore che ha saputo donarmi e gliene sono grata. Claire è già partita per il grande viaggio e spero di incontrarla un giorno per potermi appacificare. Di Alvaro non ho più saputo nulla e neppure di Rocco. Chissà se avranno famiglia? Figli? Figlie? Auguro a queste nuove generazioni di essere felici e di pulire attraverso la loro rettitudine torti e pesi generazionali. E Paolo? Sorrido. Magari avrà avuto un altro figlio nel frattempo, una vita dedicata a sostenere una famiglia numerosa, anche questo è grande amore. Penso a mio padre, santo e vittima di mia madre che si affianca alla sua barista bombata e mi viene un leggero fou rire e una tenera malinconia perché in fondo non l'ho veramente conosciuto. E mia madre? La grande matrona, la zarina, la donna che mi ha condizionato la vita ridimensionata a un'anziana donna ferita, fragile, malata nelle sue memorie, bisognosa di cure e di affetto. Sento salire alle labbra tre parole mai dette ti voglio bene.
E mi sento bella e mi sento felice.
Il nostro paradiso è quando nasciamo, poi lo trasformiamo in inferno per darci l'opportunità di conoscerci. Possiamo ritrovare il paradiso perduto spogliandoci della struttura articolata che ci siamo costruiti per definirci, quell'immagine di noi che offriamo agli altri o per corrispondere all'immagine che gli altri si fanno di noi, per ciò che non siamo. Allentiamo la presa, lasciamo la terraferma e nudi saltiamo nel vuoto.
Si sciolgono le lacrime vivide e riconoscenti nell'accettazione che ciò che è stato vive continuamente solo nella mia mente, mai nel mio presente. Perché rimuginare su ciò che è accaduto? Perché legarsi a fatti dolorosi avvenuti e portarseli addosso ogni giorno rievocandone la pena? Ogni secondo che passa si porta via quello antecedente, lo cancella con un colpo di spugna. Perché mi ostino ad aggrapparmici? Forse perché c'è un vuoto che mi terrorizza e imbarazza e lo riempio di cianfrusaglie. Forse perché non c'è un senso e ho bisogno di dare un senso alla mia vita. Anche il senso di una lacrima si rivela nell'attimo in cui sgorga. Poi passa e va. Nulla è immutabile. Persino le montagne si spostano.
Che dolcezza poter piangere e sentire che l'acqua ora accarezza ciò che il fuoco ha purificato. Tempera il dolore che si assottiglia fino a scomparire. Il balsamo liquido sfiora le ferite rimarginate e sublima ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà. L'acqua benefica leviga i sassi, disseta gli assetati, terge la polvere, canta alle stelle.
Sono tornata a ridere! Non mi sembra possibile che la trasformazione mi abbia riportato il buon umore. Eppure mi sorprendo a sorridere dietro alla mascherina per strada se incontro una persona e a ricevere un ammiccamento. Diventiamo complici in una realtà che ci soverchia e se sorridiamo il tutto si alleggerisce. Rido guardando un bambino dribblare con la bicicletta che riesce a stare in sella malgrado la perdita dell'equilibrio. Parlo con un cagnolino che mi abbaia furiosamente senza sentirmi offesa. Avrà anche lui le sue paturnie. Mi sembra che il mondo sia cambiato. Di fatto sono io a vedere il mondo sotto un'altra luce, perché alla fine sono cambiata io. E la bellezza del momento, il godimento della primavera inoltrata, la camminata rallentata producono in me nuove sensazioni di gioia e appagamento. Come se non fossi mai stata a tempo nella grande orchestra della vita e ora riuscissi a immettermi nel ritmo, battendo i secondi senza fretta e ansia. Il tempo ritrovato.
Giorgia ha sconfitto il drago e tratto in salvo la bella principessa! Ho vangato il mio terreno e riportato alla luce reperti archeologici. Riesco a pensare a Eros e ricordarlo ora con dolcezza per i momenti di amore che ha saputo donarmi e gliene sono grata. Claire è già partita per il grande viaggio e spero di incontrarla un giorno per potermi appacificare. Di Alvaro non ho più saputo nulla e neppure di Rocco. Chissà se avranno famiglia? Figli? Figlie? Auguro a queste nuove generazioni di essere felici e di pulire attraverso la loro rettitudine torti e pesi generazionali. E Paolo? Sorrido. Magari avrà avuto un altro figlio nel frattempo, una vita dedicata a sostenere una famiglia numerosa, anche questo è grande amore. Penso a mio padre, santo e vittima di mia madre che si affianca alla sua barista bombata e mi viene un leggero fou rire e una tenera malinconia perché in fondo non l'ho veramente conosciuto. E mia madre? La grande matrona, la zarina, la donna che mi ha condizionato la vita ridimensionata a un'anziana donna ferita, fragile, malata nelle sue memorie, bisognosa di cure e di affetto. Sento salire alle labbra tre parole mai dette ti voglio bene.
E mi sento bella e mi sento felice.
Il nostro paradiso è quando nasciamo, poi lo trasformiamo in inferno per darci l'opportunità di conoscerci. Possiamo ritrovare il paradiso perduto spogliandoci della struttura articolata che ci siamo costruiti per definirci, quell'immagine di noi che offriamo agli altri o per corrispondere all'immagine che gli altri si fanno di noi, per ciò che non siamo. Allentiamo la presa, lasciamo la terraferma e nudi saltiamo nel vuoto.
Si sciolgono le lacrime vivide e riconoscenti nell'accettazione che ciò che è stato vive continuamente solo nella mia mente, mai nel mio presente. Perché rimuginare su ciò che è accaduto? Perché legarsi a fatti dolorosi avvenuti e portarseli addosso ogni giorno rievocandone la pena? Ogni secondo che passa si porta via quello antecedente, lo cancella con un colpo di spugna. Perché mi ostino ad aggrapparmici? Forse perché c'è un vuoto che mi terrorizza e imbarazza e lo riempio di cianfrusaglie. Forse perché non c'è un senso e ho bisogno di dare un senso alla mia vita. Anche il senso di una lacrima si rivela nell'attimo in cui sgorga. Poi passa e va. Nulla è immutabile. Persino le montagne si spostano.
Che dolcezza poter piangere e sentire che l'acqua ora accarezza ciò che il fuoco ha purificato. Tempera il dolore che si assottiglia fino a scomparire. Il balsamo liquido sfiora le ferite rimarginate e sublima ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà. L'acqua benefica leviga i sassi, disseta gli assetati, terge la polvere, canta alle stelle.