Il 24 Aprile, alle 18:00 Giorgia ha letto una serie di estratti inediti dal suo quaderno e ha risposto alle domande del pubblico in diretta. Di seguito vi proponiamo la registrazione dell’incontro.
🎧 Ascolta Giorgia:
Quando mi sono veramente resa conto che tutto era finito ho provato dolore. Non era rabbia perché mi avevano presa in giro. E neppure odio. Solo dolore. Intenso. Come non avevo mai provato. Mi si è ficcato dentro da qualche parte. Una massa pesante densa nera che si ravvivava e si nutriva con i miei ricordi. Se non la sfamavo mi provocava degli spasmi e si cibava del mio respiro che poi mancava a me. Avevo nutrito la speranza che forse una svolta inattesa o un miracolo mi avrebbe riportato Eros, consolidando il nostro amore. Non successe. Mia madre aveva intuito qualcosa ma io le facevo credere che a scuola avevo delle difficoltà e stavo chiusa in camera mia a fingere di studiare. Non riuscivo a piangere. Se ripensavo alla storia di Eros con Claire mi sentivo svenire. Solo svenire e mancare il fiato. Dovevo sedermi perché le gambe non mi sorreggevano. Iniziai a bigiare la scuola trascinandomi in giro e posteggiandomi dove potevo. Volevo stare da sola perché quando avvertivo il male di vivere pensavo che mi si leggesse in faccia. Mi venne una voglia smisurata di uccidermi. Non potevo sopportare quell’angoscia e la solitudine dopo più di un anno insieme a Eros e Claire. Era come se mi fossero morti marito e figlia, nessuno può sopravvivere a una tale disfatta.
Cercavo di pianificare la mia morte in modo almeno plateale e sicuro. Non volevo farmi fregare come mia madre con la sua. Doveva essere indolore perché detestavo il male. Pasticche e alcol. Bisognava procurarsi i medicamenti. Sonniferi. E mentre ordivo la mia dipartita che non avrebbe interessato nessuno, mi accorsi che il mio ciclo tardava. E mi venne l'apprensione. Io non avevo preso alcun anticoncezionale, Eros usava i preservativi quando si ricordava e mi diceva che non dovevo preoccuparmi, lui riusciva a fare dietro front in tempo. Non dormii per due notti con l'angoscia di ritrovarmi con un figlio di Eros nella pancia. Se così fosse stato, addio ai miei piani di suicidio perché io non avrei provocato anche la morte di un innocente. Morire sì, ma da sola. Come avevo vissuto. Così invece dei sonniferi avrei dovuto procacciarmi in segreto una confezione di test per gravidanza. Andai con il treno in un'altra cittadina per servirmi di una qualsiasi farmacia sconosciuta.
Il verdetto fu chiaro.
Pensai che ora avevo toccato il fondo. Il fondo più fondo. Più in basso di così non potevo cadere. Ero agghiacciata. Iniziai a concepire un piano di fuga, ma per fuggire bisogna andare da qualche parte. Ero ancora minorenne. Non avevo soldi. Pensai di chiedere aiuto a mia nonna. Ma me ne mancava il coraggio. Non mi ero mai sentita così sola e abbandonata. Così inerte. Quei giorni furono tremendi. Fingevo di andare a scuola. Mi ritiravo in un tearoom e andavo a vomitare nella loro toilette. Continuavo a decidermi di dirlo a mia madre. Poi rientravo a casa e le parole non uscivano. Non facevo che pensare adesso lo dico. Avevo preparato un discorso in cui la prendevo alla larga...vedi mamma io oggi ho la tua età di quando tu mi hai avuta. Sembra sempre un'età giovane eppure tu hai dimostrato che è possibile avere un figlio anche a diciassette anni. Intendo dire...
Sei incinta?
Io non avevo aperto bocca. Scusa? Sei in ritardo con le mestruazioni, non l'hai marcato sul calendario, ti ho sentita vomitare più volte, Ti ho chiesto se sei incinta? Annuii. Lei picchiò i piatti che stava mettendo in tavola così forte che io feci un balzo indietro. Il piatto che stava sotto alla pila si ruppe. Andò in cucina. Sbatté la porta. Rientrò mio padre. Annusò burrasca in casa. Raccolsi il piatto rotto e i cocci e una scheggia mi ferì. Guardai il sangue che usciva lentamente. La mia trottinette aveva proprio quel colore. Rosso. Come il sangue delle mie ferite. Avvolsi il dito nel fazzoletto e continuai ad apparecchiare la tavola. Mia madre portò in tavola. In malo modo ci servì delle tagliatelle al sugo. Rosso. Mi venne da vomitare. Fuggii in bagno. Sentii ancora la scia di quella frase tua figlia è incinta. Non mi aveva neppure permesso di dirlo io stessa a mio padre. Nessuno aveva toccato cibo.
Chi è stato?
Io la guardai sorpresa. Cosa voleva da me? La guardavo senza capire.
Chi è stato?
Nessuno.
La sberla mi arrivò inaspettata.
Ora tu mi dici chi è stato. Hai ancora diciasette anni e c'è la galera per chi si diverte con le minorenni.
Mi sembra che tu avessi la mia stessa età quando sei rimasta incinta di me. C'era la galera anche per mio padre?
Tuo padre mi ha sposata.
Urlai senza rendermene conto.
Bene allora puoi considerarti fortunata, perché non è merito tuo se ti ha sposata, il merito è solo suo che si è preso le sue responsabilità. E adesso lasciami in pace.
Non avevo mai reagito a quel modo contro di lei e questo fatto la spiazzò. La vidi improvvisamente sgonfiarsi. Mi chiusi in camera. Il mio dito ferito aveva macchiato il fazzoletto di sangue. Pensai che avrei potuto tagliarmi i polsi e risolvere così tutta la faccenda. Tutto era accaduto così in fretta che io non ero ancora riuscita a pensare a quello che mi stava succedendo. Mio padre venne quella sera e mi chiese se quello che era accaduto era stato anche per mio volere. Io gli fui riconoscente e risposi di sì. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Lui mi abbracciò e mi disse che tutto sarebbe andato bene.
Mia madre cercò per giorni di estorcermi il nome durante l'assenza di mio padre, ma io non cedetti. Alla fine affrontammo la faccenda due sere dopo con mio padre presente. Fu mia madre come sempre a esordire con quel suo tono brusco.
Giorgia la situazione ha delle grosse conseguenze. Sei minorenne e se io non riesco a sistemare la cosa ci dovranno pensare altri. La legge parla chiaro. Chiunque ti abbia messo incinta ha compiuto un atto illecito. O ti sposa oppure va in galera. Io domani sporgo la denuncia a meno che tu acconsenta a dirmi il nome.
Le mie labbra erano cementate.
È deplorevole che tu non abbia fatto attenzione. Tu non puoi avere adesso un bambino, questo è chiaro. Stai studiando e non possiamo permetterci un'onta del genere. C'è un'unica soluzione per evitare scandali e da una parte e dall'altra. Se tu vuoi mantenere il segreto a noi sta bene, ma devi abortire. Ho un indirizzo e ti ci accompagno. Non si può aspettare. Così a uno stadio iniziale non è grave. Un incidente di percorso. Tutto qui.
Un incidente di percorso. Tutto qui.
Incidente di percorso
Cercavo di pianificare la mia morte in modo almeno plateale e sicuro. Non volevo farmi fregare come mia madre con la sua. Doveva essere indolore perché detestavo il male. Pasticche e alcol. Bisognava procurarsi i medicamenti. Sonniferi. E mentre ordivo la mia dipartita che non avrebbe interessato nessuno, mi accorsi che il mio ciclo tardava. E mi venne l'apprensione. Io non avevo preso alcun anticoncezionale, Eros usava i preservativi quando si ricordava e mi diceva che non dovevo preoccuparmi, lui riusciva a fare dietro front in tempo. Non dormii per due notti con l'angoscia di ritrovarmi con un figlio di Eros nella pancia. Se così fosse stato, addio ai miei piani di suicidio perché io non avrei provocato anche la morte di un innocente. Morire sì, ma da sola. Come avevo vissuto. Così invece dei sonniferi avrei dovuto procacciarmi in segreto una confezione di test per gravidanza. Andai con il treno in un'altra cittadina per servirmi di una qualsiasi farmacia sconosciuta.
Il verdetto fu chiaro.
Pensai che ora avevo toccato il fondo. Il fondo più fondo. Più in basso di così non potevo cadere. Ero agghiacciata. Iniziai a concepire un piano di fuga, ma per fuggire bisogna andare da qualche parte. Ero ancora minorenne. Non avevo soldi. Pensai di chiedere aiuto a mia nonna. Ma me ne mancava il coraggio. Non mi ero mai sentita così sola e abbandonata. Così inerte. Quei giorni furono tremendi. Fingevo di andare a scuola. Mi ritiravo in un tearoom e andavo a vomitare nella loro toilette. Continuavo a decidermi di dirlo a mia madre. Poi rientravo a casa e le parole non uscivano. Non facevo che pensare adesso lo dico. Avevo preparato un discorso in cui la prendevo alla larga...vedi mamma io oggi ho la tua età di quando tu mi hai avuta. Sembra sempre un'età giovane eppure tu hai dimostrato che è possibile avere un figlio anche a diciassette anni. Intendo dire...
Sei incinta?
Io non avevo aperto bocca. Scusa? Sei in ritardo con le mestruazioni, non l'hai marcato sul calendario, ti ho sentita vomitare più volte, Ti ho chiesto se sei incinta? Annuii. Lei picchiò i piatti che stava mettendo in tavola così forte che io feci un balzo indietro. Il piatto che stava sotto alla pila si ruppe. Andò in cucina. Sbatté la porta. Rientrò mio padre. Annusò burrasca in casa. Raccolsi il piatto rotto e i cocci e una scheggia mi ferì. Guardai il sangue che usciva lentamente. La mia trottinette aveva proprio quel colore. Rosso. Come il sangue delle mie ferite. Avvolsi il dito nel fazzoletto e continuai ad apparecchiare la tavola. Mia madre portò in tavola. In malo modo ci servì delle tagliatelle al sugo. Rosso. Mi venne da vomitare. Fuggii in bagno. Sentii ancora la scia di quella frase tua figlia è incinta. Non mi aveva neppure permesso di dirlo io stessa a mio padre. Nessuno aveva toccato cibo.
Chi è stato?
Io la guardai sorpresa. Cosa voleva da me? La guardavo senza capire.
Chi è stato?
Nessuno.
La sberla mi arrivò inaspettata.
Ora tu mi dici chi è stato. Hai ancora diciasette anni e c'è la galera per chi si diverte con le minorenni.
Mi sembra che tu avessi la mia stessa età quando sei rimasta incinta di me. C'era la galera anche per mio padre?
Tuo padre mi ha sposata.
Urlai senza rendermene conto.
Bene allora puoi considerarti fortunata, perché non è merito tuo se ti ha sposata, il merito è solo suo che si è preso le sue responsabilità. E adesso lasciami in pace.
Non avevo mai reagito a quel modo contro di lei e questo fatto la spiazzò. La vidi improvvisamente sgonfiarsi. Mi chiusi in camera. Il mio dito ferito aveva macchiato il fazzoletto di sangue. Pensai che avrei potuto tagliarmi i polsi e risolvere così tutta la faccenda. Tutto era accaduto così in fretta che io non ero ancora riuscita a pensare a quello che mi stava succedendo. Mio padre venne quella sera e mi chiese se quello che era accaduto era stato anche per mio volere. Io gli fui riconoscente e risposi di sì. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Lui mi abbracciò e mi disse che tutto sarebbe andato bene.
Mia madre cercò per giorni di estorcermi il nome durante l'assenza di mio padre, ma io non cedetti. Alla fine affrontammo la faccenda due sere dopo con mio padre presente. Fu mia madre come sempre a esordire con quel suo tono brusco.
Giorgia la situazione ha delle grosse conseguenze. Sei minorenne e se io non riesco a sistemare la cosa ci dovranno pensare altri. La legge parla chiaro. Chiunque ti abbia messo incinta ha compiuto un atto illecito. O ti sposa oppure va in galera. Io domani sporgo la denuncia a meno che tu acconsenta a dirmi il nome.
Le mie labbra erano cementate.
È deplorevole che tu non abbia fatto attenzione. Tu non puoi avere adesso un bambino, questo è chiaro. Stai studiando e non possiamo permetterci un'onta del genere. C'è un'unica soluzione per evitare scandali e da una parte e dall'altra. Se tu vuoi mantenere il segreto a noi sta bene, ma devi abortire. Ho un indirizzo e ti ci accompagno. Non si può aspettare. Così a uno stadio iniziale non è grave. Un incidente di percorso. Tutto qui.
Un incidente di percorso. Tutto qui.
Incidente di percorso